Yoga Kemetico e Sufismo in Africa

Lo yoga africano si sviluppa attraverso gli scambi culturali tra l’India e il continente africano, ma non si può cancellare l’eredità Kemetica esclusiva all’Africa. Le relazioni interne tra Etiopia, Egitto, Kush (Sudan), Somalia e altre nazioni africane rafforzano la tesi che le filosofie asiatiche hanno solamente dato un contributo all’evoluzione dello yoga africano.

Lo yoga Rirò

In realtà, lo yoga è radicato nell’Africa centro-occidentale. Gli Yoruba lo chiamano Rirò. Significa “elasticità”. È chiamato anche lati ro (essere elastico). Consiste in posture di allungamento meditativo che richiedono grande flessibilità e controllo del corpo. Lo yoga Rirò è dominato dalla divinità Yemoja, dea della meditazione, e viene praticato per migliorare la circolazione sanguigna nel corpo e il rilassamento muscolare. Il flusso sanguigno armonioso contribuisce al risveglio spirituale. Lo yoga Rirò dell’Africa occidentale è praticato dell’etnia Dan in Costa d’Avorio.

Lo yoga presso l'etnia Senufo

Nella “Trilogia della Somalia musulmana” è detto:

Ci sono in Somalia antiche ginnastiche e pratiche atletiche della cui esistenza neanche i somali sembrano essere del tutto consapevoli – persino coloro che le praticano. Non sono consapevoli che si tramandasse di padre in figlio un sistema ginnico strutturalmente coerente il cui fulcro risiede nella colonna vertebrale e nel respiro come nello yoga e in certe ginnastiche asiatiche. In Somalia tutti i movimenti… mirano all’agilità della colonna, alla scioltezza delle articolazioni, al controllo del respiro. (Lina Unali, Trilogia della Somalia musulmana, pag. 16)

Lo yoga Faraonico “Joogga”

In Somalia esiste uno yoga Faraonico detto “Joogga”. Uno dei suoi esercizi più praticati è il Khamit – Bun, la cui notorietà si estendeva dall’antico Khamit (Egitto) fino a Bun (l’antico regno del Corno d’Africa). Lo yoga è un metodo inclusivo e universale, nel senso che comprende tutte le culture mondiali: non è solamente un esercizio fisico, ma è una pratica guaritoria sotto tutti gli aspetti.

Dravidi e Sumeri, “la gente dalla testa nera”

I Dravidi e i Sumeri sono ugualmente chiamati “la gente dalla testa nera“. È detto che i Dravidi emigrarono dall’Africa nord-orientale fino alla terra di Kush, ma anche in Etiopia, in Somalia, e successivamente in Asia Centrale, dove la pratica fu adottata dalle popolazioni locali e trasformata in sufismo. In alcune grotte dell’Indonesia e del sud-est asiatico si osservano in maniera inconfondibile i Buddha neri africani.

Buddha nero africano

Anche la patria originaria dei Sumeri è sconosciuta e la loro stirpe non sembra semitica. Solo verso la fine del III millennio a.C. la popolazione sumera si fuse con quella semitica. L’assirologo Giovanni Pettinato ritiene che i Sumeri siano originari della Valle dell’Indo, più precisamente di Harappa, nella regione del Punjab Pakistano, culla dello yoga Indiano.

B. K. S. Iyengar e la mezzaluna fertile

B. K. S. Iyengar (1918-2014), il noto yogi indiano, dichiara che le numerose prove archeologiche, antropologiche e geologiche, suggeriscono l’esistenza di un legame stretto tra i Dravidi, i Sumeri, i Nubiani, gli abitanti di Kush e di Elam (Iran occidentale). Di conseguenza, l’origine dei Dravidi è strettamente associata ai popoli della “mezzaluna fertile” e dell’Africa settentrionale. Questi collegamenti dimostrano che vari popoli del mondo antico furono i responsabili della nascita e dello sviluppo dello yoga, solitamente attribuito alla Valle dell’Indo.

Hatha e Het Heru

Musulmane somale, Mogadiscio

Esistono concetti comuni tra le parole Sanscrite e quelle dell’antica lingua Egizia riguardanti lo yoga. Più specificamente, l’Hatha yoga si riferisce agli aspetti maschili e femminili. Ad esempio, la parola Hatha deriva dalla radice Sanscrita ‘ha’, che significa ‘sole’, e ‘tha’ che significa ‘luna’. L’antica parola Egizia “Hathor”, che originariamente veniva pronunciata “Het Heru” dagli antichi Egizi, è la dea della luna e del sole.

Differenze tra yoga Kemetico africano e Indiano

Esistono delle differenze fondamentali tra lo yoga dell’antico Egitto e dell’India. L’antica scienza spirituale egiziana, comune a tutto il continente africano, si lega allo spirito degli antenati. Nell’antico Egitto detto anche Kemet, il collegamento con gli spiriti degli antenati attraverso la meditazione e la preghiera, è un pilastro della pratica dello yoga Kemetico. Lo scopo della meditazione non è solo quello di trascendere i confini del mondo materiale, ma anche di connettersi e di comunicare con gli spiriti viventi di coloro che ci hanno preceduto.

Anche i rituali ruh (xatim-qur’on e is chiqar) dell’Asia centrale, i quali ricordano che i loro antenati nomadi sono stati gli amici intimi dei grandi sufi, assicurano un legame con i loro avi. Tra i musulmani dell’Asia centrale esiste un’usanza comune che prevede un banchetto in cui si sacrificano degli animali ad Allah e ai morti.

Musulmane somale, Mogadiscio

Filosofia ermetica e immortalità

I greci lo chiamavano Hermes, gli antichi egizi Tehuti o Thoth, i musulmani Idris. Thoth era il grande maestro spirituale dell’antico Egitto, l’inventore della scrittura, della conoscenza e della saggezza. La filosofia ermetica cerca di raggiungere l’immortalità attraverso tecniche di contemplazione e di meditazione in maniera completamente differente dallo yoga moderno. Thoth delineò i 7 principi della filosofia ermetica. Il sufi egiziano Dhu al-Nun Misri (796 – 859), fu tra i primi a studiare i geroglifici decifrandoli e raggiunse i più alti livelli della coscienza Tantrica (Dada Jyotirupananda).

Il sufismo kemetico

“Il sufismo ha avuto origine dall’antica scuola dei misteri egizi, una scuola che esisteva anche prima di Abramo, il padre delle tre grandi religioni: Cristianesimo, Ebraismo e Islam. Chi conosce il sufismo da scritti superficiali e, talvolta, da traduzioni della letteratura araba o persiana, è portato a pensare che il sufismo sia il lato mistico dell’Islam. In realtà, non è così. Il sufismo esisteva prima di Muhammad, prima di Gesù Cristo (Isa) prima di Abramo (Ibrahim).” Hazrat Inayat Khan

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