KARBALA LA CONTROPARTE ISLAMICA DEL RAMAYANA E DEL MAHABHARATA

KARBALA LA CONTROPARTE ISLAMICA DEL RAMAYANA E DEL MAHABHARATA

IL MUHARRAM INSIEME ALL’EPICA RELIGIOSA INDÙ

Con l’animosità, il fervore e l’emotività del Ram Lila, la rappresentazione teatrale della vita di Rama e la sua vittoria su Ravana nel Ramayana, il Muharram in India indica la vittoria del bene sul male. Si ricorda il martirio di Hazrat Imam Hosseyn (A), il nipote del Profeta Muhammad (S). In India, è venerato da tutte le comunità, in particolare dagli Indù di Varanasi, Lucknow, Allahabad, Amroha, Indore, Nagpur, Jaipur, Phagwara nel Punjab, Bhopal e Kanpu.

Il Muharram non è una festa da celebrare, piuttosto è una ricorrenza solenne da osservare come un giorno di lutto. Nel 10 ° giorno del mese Muharram, Hosseyn (A) con i membri della sua Famiglia e con altri 72 fedelissimi, fu martirizzato per ordine di Yazid ibn Muawiah a Karbala.

Il Dussehra detto anche Vijayadashami, Dashain, Dasserra, Navaratri e Durgotsav, è una festa celebrata in forme diverse tra Nepal e India. È commemorato nel decimo giorno della “metà luminosa” (Shukla Paksha) o luna crescente del mese di Ashvin o Ashwayuja, giacché culmina nel decimo giorno del festival annuale di Navaratri. Gli Indù festeggiano la vittoria della Dea Shakti su Mahishasura e del Signor Ram su Ravan.

 Nell’Islam, il giorno di Asciurà, che in Arabo significa decimo, è il decimo giorno del mese di Muharram, una giornata di lutto per i Musulmani Sciiti, e spesso anche i Sunniti celebrano l’Asciurà con un digiuno.

Khwaja Hasan Sani Nizami, il sajjadanashin (il responsabile) della Dargah Nizamuddin, riferisce che a Varanasi, la terra dei famosi ghat (le gradinate al fiume) e dei Santi Vedici, il Muharram è “Indianizzato” armoniosamente in una tradizione di comunalismo religioso che permette a molte famiglie Indù l’osservanza del digiuno insieme ai loro confratelli Musulmani.

La Shivala Mohalla di Varanasi vanta le più artistiche Tazia’ (repliche in miniatura della tomba dell’Imam Hosseyn a Karbala). Essendo Shivala una contrazione di Shiva e Allah, il cui significato è la casa del Signor Shiva, Shiva e Allah significano la stessa cosa, il Supremo, e la Mohalla, termime Punjabi di origine Araba è l’area religiosa in cui il dramma del Muharram è solennizzato.

La rappresentazione rituale della Tazia’ ricorda le effigi dei demoni bruciati durante la festa Indù di Dussehra (abbreviazione Sanscrita di Dasa-bidha pap hara, il distruttore dei dieci tipi di peccati). La Tazia’ differisce dal Dussehra, sebbene siano identici nello spirito, giacché la prima è sepolta, mentre le effigi di Ravana, Meghnad e Kumbhkarna sono arse.

La Tazia’ ha un altro punto in comune con questa celebrazione Induista nel rituale del fiume che risale all’epoca Moghul. L’Imperatore Akbar faceva scortare dai soldati le Tazie’ durante il Muharram a cui seguiva l’immersione di idoli Indù.  Ancora oggi, le Tazie’ sono immerse nel fiume per essere poi smontate e riutilizzate. Si tratta proprio dell’usanza Induista di immergere gli idoli delle divinità dopo la cerimonia del Durga Puja o del Ganesha Utsav. L’acqua è un elemento chiave del Muharram, poiché ricorda lo stato di sete patito dall’Imam Hosseyn (A) sulle rive del fiume Eufrate.

L’artista italiano Bruno Cabrini ha raffigurato le processioni compiute dagli Indù nel mese di Muharram con i rath (i carri Indù) a forma di Tazia’ durante il diciottesimo e diciannovesimo secolo in Rajasthan, Gujarat e Maharashtra. Esternò pubblicamente il suo stupore: “Come mai questi Bramini osservano il Muharram con tanta devozione e sincerità nonostante non permettano la macellazione degli animali secondo le prescrizioni Islamiche?”

La festività del Durga Puja è celebrata in tutta l’India in vari stili propiziando la Devi Shakti in tutti i suoi aspetti di potere, e nel giorno di Vijayadashami, l’immagine della Devi è portata in processione per tutte le strade dei villaggi e delle città. Molte coincidenze, le processioni e varie analogie indicano che vi è un’unica origine divina che accomuna l’epica Islamica al genere poetico ed eroico Induista.

Bellissimi Imambara (in Arabo Hussainia: è un sacrario costruito da Musulmani Sciiti per l’Azadari, il lutto del Muharram) furono eretti dai governanti Indù dell’Impero Vijayanagar (India Meridionale) durante il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo, anche se le prime moschee furono costruite dall’Impero Rashtrakuta entro l’anno 1000, mentre la fede Musulmana nel XIV secolo era già ben radicata lungo la costa di Malabar.

Un aspetto del cosmopolitismo della capitale Vijayanagara è la presenza di un gran numero di edifici Islamici. Seppur la storia analizzi solamente il confronto politico tra la potenza dell’Impero Vijayanagara e i Sultanati del Deccan, l’architettura riflette segnali di una maggior collaborazione tra le due fedi e civiltà. Sopravvivono ancora un gran numero d’archi, cupole e volte rimaste come prova di questo scambio culturale, oltre ai resti di padiglioni, stalle e torri, che suggeriscono come gli stessi governanti promuovessero la coesistenza delle due religioni. Si ritiene che l’influenza fosse stata particolarmente forte all’inizio del quindicesimo secolo, in coincidenza con il regno di Deva Raya I e Deva Raya II, noti per aver avuto un buon numero di Musulmani all’interno dell’esercito, fra i propri giudici e fra gli architetti.

http://it.wikipedia.org/wiki/Impero_di_Vijayanagara#Religione

Anche gli Scindia, la famiglia regnante Marata d’Ujjain e di Gwalior, e i Maharaja Holkar di Indore, primo Stato Indiano adesso appartenente al Madhya Pradesh, eressero e condussero in speciali majalis (assemblee) le congregazioni del Muharram.

Una moltitudine di meriti va ai santi Sufi, i quali fanno del Muharram un’occasione che demolisce i falsi dogmi religiosi, di casta e le barriere di classe; perciò, questo giorno simboleggia l’amnistia e l’umanità somigliando al Dussehra.

Il vice cancelliere della Jamia Millia Islamia, Shahid Mahdi, dichiarò che i discepoli del Muharram sono venerati dalla maggior parte degli Indù come i seguaci delle processioni del Ram Lila. I Santi Sufi hanno sempre distribuito delle missive ragionevoli e savie ai feudatari che divisero le comunità lungo linee di demarcazione religiose, di casta o di credo.

Vi fu un tentativo di spaccare l’Islam in due sette principali, lo Sciismo ed il Sunnismo. È ben noto che la tragedia di Karbala è il risultato della feudalizzazione dei concetti Islamici, una procedura sfortunata avviata dopo la morte del Profeta (S), che si consolidò con la designazione al trono di Yazid figlio di Muawiah.

I Santi Sufi insieme agli Ulema Sciiti incoraggiarono una mistura d’elementi indigeni appartenenti alla ricca eredità culturale Indiana con il Muharram Islamico; poiché entrambi i credi portano un messaggio di convivenza pacifica. Il modo in cui il Signor Rama ha combattuto contro il tirannico Ravana è simile alla battaglia condotta dall’Imam Hosseyn (A) contro Yazid; ma mentre l’Imam Hosseyn (A) fu martirizzato, Rama sconfisse Ravana, ecco l’unica differenza!

Munshi Premchand (1880–1936), una delle più grandi figure letterarie della letteratura Hindi ed Urdu moderna, scrisse un dramma intitolato Karbala, in cui con gusto utilizza valori etici che ispirano l’unificazione della comunità nazionale Indiana.

Nell’introduzione alla tragedia, l’autore è triste per l’ignoranza che molti Indù hanno della storia Musulmana, essendo essa all’origine dell’incomprensione nelle relazioni tra questi due gruppi religiosi. Il più interessante episodio nel dramma è la menzione di alcuni Indù che combattono a fianco di Hazrat Hosseyn (A). Premchand lo rivendica come un fatto storico. Egli scrisse: “Alcuni credono che dopo la battaglia del Mahabharata, i discendenti di Ashwatthama si siano stabiliti là (in Irak). Altri suppongono che si tratta della posterità degli Indù catturata da Alessandro Magno e deportata in Arabia.

Amrit Rai, figlio di Premchand, dichiara che si potrebbe discutere sulla storicità della partecipazione Indù alla battaglia di Karbala, ma la comprensione per il passato è animata dalla preoccupazione per il presente: da questo momento, la battaglia di Karbala rappresenta la metafora della lotta Indiana per la libertà. Non c’è da meravigliarsi se gli Indù combattano per Hosseyn (A), è come se cantassero un inno di lode all’India.

La versione in lingua Hindi di Karbala fu seguita da un adattamento in lingua Urdu che fu serializzato per due anni sul giornale Zamana. Il suo editore, Munshi Daya Narain Nigam era molto favorevole al dialogo Indù-Musulmano. Khwaja Hasan Nizami, un importante sapiente dell’Islam, scrisse nel 1928 sull’iniziativa di Zamana:

Non conosco nessun giornale in India in cui gli scrittori Indù e Musulmani abbiano scritto congiuntamente in ogni singolo numero, anno dopo anno. Questa distinzione di Zamana dovrebbe essere innalzata al più alto livello nella storia della lingua Urdu.”

Nizami, elogiando ulteriormente questo giornale, dopo che la serializzazione Urdu di Karbala fu completata, definisce Premchand “uno spregiudicato Indù che, dopo aver estratto la spada della sua penna, ha agito sul campo per salvare la comunità Induista da pregiudizi letterari.

Premchand, in ogni caso, incorse in alcune critiche anche da parte di Syed Ahsan Ali Sambhi, un critico di Zamana, che definì il suo dramma un banale intrattenimento, un tentativo per manipolare la comunità Musulmana. Premchand fu particolarmente sensibile alle critiche dirette contro ogni aspetto di Karbala, e replicò agli editori prima della pubblicazione del suo dramma in Urdu:

Sarebbe meglio che non pubblichiate Karbala. Non ho nulla da perdere, e non sono preparato a queste inutili seccature. Ho letto la vita di Hazrat Hosseyn (A). Il suo entusiasmo per il martirio mi ha commosso e ho sentito il dovere di rendergli omaggio. Il risultato è questo dramma. Se i Musulmani non concedono agli Indù nemmeno il diritto di pagare un tributo ai califfi Musulmani e agli Imam, non ne ho voglia nemmeno io. Non è consuetudine, perciò, rispondere alle lettere che sconsigliano la pubblicazione del dramma. Io desidero, però, dire alcune cose riguardo alla lettera di Ahsan Sambhi. Egli afferma che i Musulmani Sciiti non gradiscono un dramma scritto sulle loro guide religiose. Se i Musulmani Sciiti leggono o ascoltano avidamente le storie e le elegie sulla vita delle loro guide religiose contenute nel Mathnawi, perché hanno delle obiezioni per un dramma che riguarda quest’argomento? Oppure dipende che questa Karbala è scritta da un Indù … Storia e dramma storico, voi sarete d’accordo, sono due cose diverse. Nessuno può introdurre dei cambiamenti nelle principali maschere di un dramma storico…. Il dramma non è la storia. Non riguarda i principali personaggi storici. Lo scopo del dramma riguarda il ritratto del personaggio principale, si tratta di far pagare agli Indù un tributo a Hazrat Hosseyn (A). Ecco perché questo dramma, oltre ad essere religioso, è anche politico… Khwaja Hassan Nizami, per inciso scrisse una biografia del Signor Krishna (A), proprio perché un Musulmano divino ha pagato il suo tributo al Signor Krishna (A). I critici Indù lodarono il tentativo. La mia intenzione fu identica. Hassan Nizami ha la libertà di pagare il suo tributo a qualcuno di un’altra religione, ma se la stessa intenzione mi è negata, allora dico solamente che sono dispiaciuto. Gentilmente, restituitemi il manoscritto.

L’allegoria Karbala di Premchand diffonde un sentimento di legame transreligioso, giacché in un ideale immaginario correla lo status della minoranza Indù nell’Arabia del settimo secolo con quella dei Musulmani dell’India, unificando in una sintesi la costruzione morale della nazione Indiana. Questa nazione Indiana, abbastanza interessante, non individua solo il suo prototipo nel lontano passato, ma anche nello spazio geografico che ospita l’Eufrate, piuttosto che l’Indo e il Gange. L’Islam e l’Induismo diventano così degli ideali liberati dalle catene geografiche: gli Indù diventano Musulmani attraverso la loro determinazione di salvaguardare gli ideali Islamici, mentre i Musulmani si legano all’India, poiché è in questa terra che fiorì il primo monoteismo.

Premchand, in ogni modo, non diffuse mai l’idea di una cultura condivisa o sincretica per affrontare i problemi delle minoranze. Un’opera come Karbala soppianta definitivamente le fantasie nazionaliste ed isolazioniste elaborate da Partha Chatterjee:

L’idea della singolarità della storia nazionale, ha inevitabilmente portato ad una fonte unica di tradizione Indiana, vale a dire, la civiltà Indù antica. L’Islam, o è la storia della conquista straniera, o un elemento che si è adattato alla vita quotidiana popolare. L’eredità classica dell’Islam rimane estranea alla storia Indiana.

Premchand rimuginava contro gli atteggiamenti anti-Musulmani e le loro azioni, che a suo parere, spezzavano i vincoli dell’unità nazionale. Per cavalcare una campagna di successo contro il comunalismo e per “rinsaldare i vincoli dell’unità tra Indù e Musulmani”, Premchand scrisse KarbalaKarbala fa appello ai non Musulmani, poiché il Muharram e l’Imam Hosseyn (A) hanno storicamente occupato gli spazi interreligiosi e interculturali in molte regioni del subcontinente Indiano. Ancora oggi, in alcune parti del subcontinente, molti Indù commemorano il decimo giorno di Muharram con specialità culinarie; cucinano cibi particolari come offerte votive che dopo aver benedetto, sono distribuiti nel loro quartiere in memoria dei martiri di Karbala. Non è insolito vedere i Musulmani Sciiti eccitati insieme agli Indù. Quest’ultimi con in mano un alam (bandiera che replica la battaglia di Karbala) dimostrano la loro devozione all’Imam Hosseyn (A) camminando su carboni ardenti. Gli Indù testimoniano e commemorano quest’evento distribuendo dolci al latte mentre attraversano il fuoco, giacché secondo loro l’Imam Hosseyn (A) e suo fratello l’Imam Hassan (A) furono dei devta, divine incarnazioni. Il Muharram, secondo questi Indù, è la più onorevole manifestazione del divino che supera qualsiasi connessione con l’Islam.

Un opuscolo pubblicato dalla Missione Imamita in Lucknow, intitolato Imam Husain and India, conferma che gli “Husaini Bramini” abitanti nella città di Pushkar in Rajasthan, partecipano agli eventi di Karbala con scene tratte dalla letteratura classica Indù:

«Essendo il custode del sacro Islam, l’Imam Hosseyn (A) preferì la morte e non una vita vergognosa. Il suo sacrificio è stato in linea col consiglio dato da Krishna (A) ad Arjuna nel Mahabharata: “Ma se non continuerai questa guerra giusta, getterai via il tuo onore ed incorrerai nel peccato.”»

I discorsi del Muharram, specialmente a Lucknow, sono spesso cosparsi da una nostalgia per una passata cultura sincretistica.

Sfidando quegli Indù che volevano eliminare dalla loro comunità qualsiasi legame col Muharram, Premchand decise di fare di Karbala un dramma allegorico e nazionalistico. Karbala fu concepito come un atto di resistenza, e per gli Indù la loro principale platea pubblica: “Lo scopo di questo dramma è di far pagare agli Indù un tributo a Hazrat Hosseyn (A), perché questo dramma oltre ad essere religioso, è anche politico.”

L’apparizione di Karbala in Hindi e in Urdu ha un significato. Seppur il quadro narrativo e la trama sono identici in entrambe le versioni del dramma, vale la pena di rilevare alcune differenze. La tragedia in Hindi fu scritta in caratteri Devanagari e contiene più parole Sanscrite del dramma in Urdu, compilato nella scrittura Araba-Persiana. La quantità di Hindi sanscritizzata è legata al valore dei caratteri di segno religioso; i caratteri Musulmani utilizzano meno parole sanscritizzate rispetto alla scrittura degli Indù. Premchand afferma nella prefazione della sua versione in Hindi che, per essere realistici, non poteva mettere troppe parole sanscritizzate nella bocca dei Musulmani; quindi, ha cercato un linguaggio comune per i seguaci di entrambe le fedi. Nel fare il punto linguistico della situazione, Premchand suggerisce che l’identità religiosa in Asia meridionale si lega al linguaggio.

Il 1920 fu l’anno delle rivalità linguistiche tra l’Hindi e l’Urdu, siccome entrambe le lingue avevano una valenza religiosa. I Musulmani rivendicavano l’Urdu dal tardo Ottocento fino ai primi del Ventesimo secolo, mentre gli Indù intravedevano in esso una lingua straniera modellata in caratteri Arabi-Persiani, un idioma appartenente allo spazio Musulmano. Premchand, fin dalla sua prima pubblicazione di Karbala in Hindi nel 1924, avvalora la polarizzazione Hindi-Urdu a un livello; ma su un altro piano, riprende questo spazio articolandolo in Hindi un’allegoria Islamica, già riverita da molti Indù. Attraverso la versione Hindi di Karbala, Premchand postula la plausibilità di un nesso affettuoso tra l’Hindi e l’Islam, tra la storia Islamica e la storia Induista, cercando di snervare la presa dell’Urdu sull’Islam, l’ascendente dell’Islam sull’Urdu, la stretta dell’Induismo sull’Hindi e l’influenza dell’Hindi sull’Induismo. Nella prefazione del dramma, Premchand descrive la battaglia di Karbala come la controparte Islamica delle lotte epiche del Mahabharata e del Ramayana. Invocando una tale analogia sin dall’inizio, Karbala è familiarizzato e spogliato della sua estraneità, ed è reso più comprensibile ed attraente per gli Indù. Dato che la concettualizzazione storica non comporta più uno spirito comune, Premchand tira in ballo il conflitto tra Indù e Musulmani. “Ogni volta che un Re Musulmano è ricordato, invochiamo Aurangzeb.” Per Premchand, il Musulmano Indiano esiste, in linea di massima, all’interno di continue e preconcette congetture Induiste che utilizzano le espressioni idiomatiche Aurangzebiane: quindi, è necessario contrastare questa narrativa. Premchand archivia e supera le relazioni tra Indù e Musulmani del tempo di Aurangzeb e si lancia verso una zona temporale che riflette un Islam più pluralistico. Nell’archiviare la relazione Indù-Musulmana in tal modo, Premchand evidenzia anche le differenze presenti all’interno di una comunità religiosa: s’identifica come un Indù, ma dissente dagli Indù che non intravedono le virtù Islamiche; tuttavia, non fornisce alcuna scusa all’intolleranza religiosa di Aurangzeb e si rifiuta di vedere nell’imperatore Moghul, il seguace ideale dell’Islam Indiano. Fratturando ideologicamente le comunità religiose, egli mina la biforcazione comune ed antagonistica all’interno dell’ambiente coloniale che postulò gli Indù e i Musulmani come nemici secolari, le cui Sacre Scritture determinarono il loro modo di pensare e di vivere.

Il racconto di Sahas Rai e i sette fratelli nell’opera di Premchand

Premchand inserisce nella marsiya (poesia elegiaca) popolare del suo tempo una sottotrama che rafforza la figura dell’Imam Hosseyn (A). Il nipote del Santo Profeta (S) è dipinto come un eroe Universale che trascende i confini d’ogni tradizione. La storia presenta una mescolanza di conoscenze e di verità Indù e Musulmane che sono impersonate da “Sahas Rai” e da Hosseyn (A). Questo racconto è tramandato da una comunità antica di Bramini, i Dutt Bramini o Mohiyal, che si recarono in Arabia per assistere l’Imam Hosseyn (A) a Karbala. Molti di questi Bramini persero la vita e i sopravvissuti ritornarono in India. Talvolta, questi Bramini sono anche chiamati Hosseyni Bramini perché rimasero affezionati a Hosseyn (A) nonostante si considerassero degli Indù.

Sahas Rai e i suoi sette fratelli, devoti Indù originari dell’India, vivevano in un villaggio Arabo. Turbati dalle notizie dell’ascesa di Yazid al califfato, Sahas Rai e i suoi fratelli partirono per aiutare Hosseyn (A). Arrivarono a Karbala, resero omaggio a Hosseyn (A) e brandirono le armi contro l’esercito di Yazid. Dapprima protessero Hosseyn (A) ed i suoi compagni dalle frecce nemiche mentre l’Imam (A) eseguiva le preghiere rituali; successivamente Hosseyn (A) ricambiò il favore benedicendo questi Indù che l’avevano protetto insieme ai suoi seguaci:

Amici! Miei amati simpatizzanti! Queste preghiere rituali saranno ricordate nella storia dell’Islam. Se questi servitori coraggiosi di Dio non avessero salvaguardato le nostre spalle dalle frecce ostili, non avremmo finito le preghiere. Oh sinceri credenti! Noi vi salutiamo, sebbene non siate Musulmani ? l’Islam è la religione della vera adorazione, che si sacrifica per la giustizia poiché comprende la futilità della vita ed i suoi seguaci sono pronti a farsi mozzare la testa per difendere gli oppressi. Essa è certamente una religione vera e giusta. Possa questa religione rimanere sempre nel mondo. Possa il fulgore della luce Islamica diffondersi in tutte quattro le direzioni.

Quando Sahas Rai chiese il permesso a Hosseyn (A) di affrontare le forze di Yazid, Hosseyn (A) rispose che gli ospiti appena arrivati non devono lanciarsi in battaglia.

Sahas RaiSignore, non siamo i tuoi ospiti, siamo i tuoi servitori. Il principio fondamentale della nostra vita è di morire per la verità e la giustizia. Questo è il nostro dovere, non è un favore che facciamo a chiunque.

HosseynCome posso dirvi di andare [nel campo di battaglia]. Dio ha disposto che siano gettate le fondamenta su questa terra col nostro ed il vostro sangue, che essa sarà protetta dal malocchio e questa fondazione non sarà mai rovinata. Possano i suoni delle canzoni gioiose sorgere da essa e possano i raggi solari splendere su di essa (tutti i sette fratelli, cantando encomi all’India [Bharat], entrarono nel campo di battaglia).

Abbas [fratello di Hosseyn]Guerrieri incredibilmente forti! Adesso la verità mi è chiara, l’Islam esiste anche al di fuori del regno Islamico. Questi sono i veri musulmani ed è impossibile che il Santo Messaggero non interceda in loro favore.

Da adesso in avanti, i sette fratelli della famiglia di Sahas Rai raggiunsero il martirio, dopo aver valorosamente difeso la causa di Hosseyn (A). Hosseyn (A) preparò anche la pira funebre per i suoi compagni Indù e pronunciò un toccante elogio in loro onore:

Queste persone provengono da quel puro paese in cui la dichiarazione dell’unità di Dio fu per prima coltivata. Prego Dio che ricevano una stazione elevata fra i martiri. Quelle fiamme sorgono dalla pira. Oh Dio! Possa questo fuoco non estinguersi mai dal cuore dell’Islam. Possano i nostri coraggiosi sempre versare il loro sangue per la comunità [Indù]. Possa questo seme, che è stato seminato oggi nel fuoco, fiorire fino al Giorno del Giudizio Universale.

Hosseyn (A) elogia la determinazione degli Indù nella difesa della causa della verità e della giustizia al cospetto dei più grandi ostacoli. Le parole di Abbas testimoniano che gli Indù sono trasformati in Musulmani ideali, ma la loro identità Induista non è cancellata. Premchand promuove una sensibilità che accomoderebbe la confluenza delle due religioni – permettendo ad entrambe di cullarsi teneramente, se non abbracciarsi nelle loro differenze.

I fratelli Indù non compiono le preghiere rituali col drappello di Hosseyn (A), ma lo proteggono durante la loro preghiera congregazionale. Hosseyn (A) stesso sorveglia i riti crematori che non sono approvati dall’Islam scritturale.

La modellazione rigidamente binaria del comunalismo resta irrisolta come lo fu nella gran parte della poesia Perso-Indiana. Dopo tutto, Premchand era un devoto di Ghalib (il poeta insignito d’onorificenza presso l’ultima corte Moghul):

vadafari ba shart-e ustavari asl-e iman hai

marebutkhane men to ka’be men garo barhaman

 

La fedeltà con la forza della determinazione è il nucleo della fede

Se il Brahman muore nella casa degli idoli, lo si seppellisca nella Ka’ba

Un altro scrittore, Nathanvilal Wahshi (deceduto nel 1950), scrisse delle elegie che non includevano solamente dei racconti armoniosi di comunalismo simili a quelli di Premchand, ma rimaneggiavano Karbala rimodellando l’epica sacra del Ramayana. Nella prima parte dell’elegia, enfatizza un religioso ecumenismo:

«Il predicatore che distrugge un edificio è in errore

I doni del Signore non hanno confini

I raggi del sole splendono su ogni casa

Quando una nube decide di grondare in abbondanza

Non chiede di vedere se “questo è un giardino, quello è un deserto sabbioso

Questo è il campo di un Musulmano, quello appartiene ad un Indù.”»

Wahshi narra l’arrivo di un aiutante per la causa dell’Imam (A) nell’ottavo giorno di Muharram. L’Imam (A) gli porge il benvenuto e subito conferma la sua identità Indiana. Hosseyn (A) poi passa a lodare l’India e la sua gente:

La fragranza profumata entrò nel regno dell’amore dal tuo paese

 La brezza fresca è giunta a mio nonno da quel giardino.

Indagando maggiormente sull’ospite, l’Imam (A) scopre che si tratta di un commerciante Indiano residente nella vicina città di Bassora; suo padre unitamente al bottino di guerra fu affidato solo all’Imam Ali ibn Abi Talib (A). Per questo motivo, si ritenne moralmente responsabile di assistere Hosseyn (A) in ogni modo possibile, qualora si fosse trovato in difficoltà. Hosseyn (A) apprezza il gesto, ma lo dissuade dal prendere le armi.

Fratello, a mio avviso tutti ti amano,

In questo paese tu sei il tesoro dell’India.

Al pari dei sette fratelli nel dramma di Premchand, inizialmente questo mercante si accorge della diffidenza dell’Imam Hosseyn (A) nei suoi confronti (perché era un Indù). Con gli occhi pieni di lacrime, il viaggiatore disse:

Sono un Indù. Forse la mia fedeltà non è convincente.

Signore! Sebbene questo cuore sia la lampada del tempio idolatrico

In esso si illumina anche la luce dell’affetto.

L’Imam (A) tranquillizzò il nuovo arrivato elevandolo alla stazione del guerriero veritiero:

«Il Re (Hosseyn) disse: “Che cosa dite in preda alla passione

Perché dovrei dubitare della vostra fedeltà?

Il mio Signore conosce la mia coscienza, qual è la differenza tra un Indù e un Musulmano nella ricerca della verità

Questo è stato il principio guida per il popolo del mantello:

Per noi, il mondo è la famiglia di Dio.”»

In modo simile alla falena innamorata della “candela guida”, l’Indù si immola nell’amore per l’Imam (A). In questo processo d’immolazione è come se affrontasse l’esercito di Yazid, mentre canta le glorie passate del suo compatriota, la divinità Indù di Rama (A):

Il suo slogan era:

«Perché sei qui stupefatto,

Tu sei la progenie di Ravan, io sono, il figlio di Ram,

Ancora una volta, oggi, appare quello stesso tumulto di virtù e vizio,

Quale paura hanno gli uomini veritieri degli assalti menzogneri

Con la nostra spada fulminante, noi metteremo tutto in fiamme?

Non solo Kufa, ma anche Damasco saranno ridotti a Lanka.»

 

Wahshi chiarisce il significato della battaglia di Karbala evocando il Ramayana, ma estende le peculiarità insurrezionali dell’Imam Hosseyn (A) al conflitto tra il bene e il male. La polarità Hosseyn -Yazid riecheggia quella di Ram-Ravan, quando il Signor Ram (A) sconfigge Ravan appiccando il fuoco all’ultima base di potere, Lanka. Dato che Damasco e Kufa furono entrambe centri di potere sotto il regno di Yazid, il mercante Indù vuole distruggere queste città nello stesso modo in cui Lanka fu annientata. Il commerciante, benedetto da Hosseyn (A), combatte con tutte le sue capacità fisiche e spirituali facendo riecheggiare il seguente grido di battaglia:

 “La Casa di Dio ha ricevuto assistenza dal tempio idolatrico

Lo spirito di Krishna (A) sta sbirciando dal cielo.

La giustapposizione haram-kanisht (Ka’bah-tempio), così onnipresente nella mistica estetica, è ancora una volta inadatta ad impersonare le forme di Hosseyn (A) e del mercante Indù; infatti, è il Signor Krishna (A) stesso che testimonia in questo dramma con quella voce di saggezza dall’epica Indù del Mahabharata. Dopotutto, Krishna (A) appoggia la giusta lotta affrontando gli ostacoli che conferiscono alla Bhagavad Gita il suo fervore morale.

MUHARRAM, ADORAZIONE COMUNE E FRATELLANZA INDÙ-MUSULMANA

Nandamuri Taraka Rama Rao, Primo Ministro dell’Andhra Pradesh, in un’intervista pubblicata sull’Indian Express nel 1989 dichiara:

Il primo ministro N. T. Rama Rao nel messaggio rivolto al Muharram, afferma che esso cade nel decimo giorno del primo mese lunare dell’Egira, ed è osservato per commemorare il sacrificio eroico e supremo reso dal nipote del Profeta Muhammad, Hazrat Imam Hosseyn, la pace sia su di Loro. Egli sostiene che si tratta di un giorno luttuoso per i fratelli Musulmani, ed il Muharram ricorda ad ognuno di noi che possiamo seguire le sue assemblee e la sua fede senza paura, a condizione di avere uno spirito di sacrificio. Il Signor Rama Rao afferma che il sacrificio, indipendentemente dalla casta e dal credo ci lega tutti insieme come un solo uomo che lavora per l’evoluzione dell’umanità. Il sacrificio dell’Imam Hosseyn (A) dovrebbe ispirare anche oggi l’avanzamento dell’unità e della fratellanza tra tutte le comunità.”

Nel 1991 lo stesso messaggio risuonava nel discorso sull’Asciurà pronunciato a Hyderabad dal nuovo Primo Ministro N. Janardhan Reddy, che invitava la gente ad osservare il Muharram in maniera grandiosa, giacché è il giorno della lotta per la rettitudine e la giustizia. Nel suo messaggio, il Primo Ministro affermò che Hazrat Imam Hosseyn (A) sacrificò la sua vita per la giustizia sociale e la verità comune, poiché questo giorno sarà ricordato da tutta la gente. Il Primo Ministro dichiarò che il Muharram deve essere osservato in città da centinaia di migliaia di persone, indipendentemente dal loro credo religioso, dato che è il vero simbolo dell’armonia e dell’integrazione nazionale.

Altresì, numerose pubblicazioni Indiane, hanno elogiato rispettosamente il Muharram, esso è uno strumento d’unione per Musulmani e Indù, poiché riconcilia le loro differenze settarie in un atto d’adorazione comune. Un censimento governativo del 1971 sul Muharram in Hyderabad, rileva che il suo svolgimento oggi riflette il carattere composito della cultura metropolitana elevandolo a monumento di fratellanza universale.

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