PITHORO PIR E I PIRPANTI: MATERIALI INERENTI AD UNA TRADIZIONE SCONOSCIUTA TRA IL SINDH E IL KUTCH

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PITHORO PIR E I PIRPANTI: MATERIALI INERENTI AD UNA TRADIZIONE SCONOSCIUTA TRA IL SINDH E IL KUTCH

 * Pirpanti: nome dato in Pakistan e nell’India Occidentale agli Indù seguaci di Pir Musulmani, vivi o morti; più precisamente, ai seguaci di un Imam Shah, un Ismailita dissidente, e agli Indù seguaci di maestri Sufi originari di Sindh, Punjab e Rajasthan (Dictionary Encyclopaedia Islam Muslim World, Vol.13, Index, Leiden, Ed. Brill, 2004).

A cura di Michel Boivin

Centro Studi sull’India e sull’Asia del sud (EHESS-CNRS)

Pithoro Pir è una figura carismatica venerata nel Sindh (Pakistan) e nel Kutch (India) dai Pirpanti, nonché da vari gruppi di devoti che includono i Rajput, i Musulmani e gli Intoccabili. A parte poche righe che gli dedica Burton (Burton 1851), le fonti si limitano alla tradizione orale. La leggenda agiografica di Pithoro Pir appartiene allo stile classico. Nascita miracolosa, iniziazione al sufismo tramite Baha’ al-Din Zakariyya, azione eroica e miracolosa, e infine occultazione, sono i principali avvicendamenti narrativi. Diversi motivi tra cui il suo nome, suggeriscono che la leggenda si ispirasse alle gesta dell’ultimo re indù di Delhi, Prithvi Raj, detto Râ’i Pithora nelle fonti Musulmane. Si tratterebbe dell’appropriazione delle gesta e di un loro adattamento al contesto storico, culturale e sociale dell’area sindhi. Il culto di Pithoro Pir è gestito da un discendente di suo fratello Bhanwarji, perché egli stesso, essendo un rinunciante, non ha avuto una prole. Il 22mo pirè un Indù della casta dei Rajput sodha e gestisce il santuario principale situato a Pithoro, tra Hyderabad (Sindh) e Jodhpur (Rajasthan).

 Il culto si ricollega ai riti del puja detto pat puja (in cui le offerte sono collocate su una piccola tavola a quattro gambe sulla quale è disegnato uno yantra) diffusi nella regione tra gli Intoccabili (Khan 1997). Il rituale più importante è quello delpiyaalo (coppa, calice o coppa) che è compiuto in forme diverse da Nizarpanti, Maheshvari, Ismailiti e Sufi, in particolare da coloro che sono legati al culto di Lal Shahbaz Qalandar in Sehwan Sharif (Boivin 2003).

NOTA

 GHAT PATJI KRIYA – LA CERIMONIA DELL’ACQUA SANTA E DELLA COPPA NELL’ISMAILISMO

Se si manterranno sulla Retta via, Noi li disseteremo di acqua abbondante, per metterli colà alla prova.” (Corano, 72: 16-17)

Il Ghat Patji Kriya, noto anche come Ghat-pat, è una cerimonia eseguita quotidianamente dagli Sciiti Imamiti Ismailiti Musulmani che presenziano ai servizi della jamatkhana. Consiste nel rito di bere “l’Ab-e-safa” che significa “acqua di purezza.” Quest’acqua santa ha diversi nomi: “niyas,” “nur,” e “amiras.” Ab-e-safa è un’acqua benedetta dall’Imam-e-zaman presente. Dopo il dua (invocazione) mattutino, ogni Ismailita si avvicina al tavolino basso al centro della sala della preghiera in cui sono state collocate le tazze per l’ab-e-safa. L’intero Jamat è in piedi e inizia a cantare i ginan che sono stati composti per questa cerimonia. Successivamente, depongono una piccola offerta sul tavolo e prendono colla mano destra una tazza. Una volta che l’acqua santa è versata, il credente prega in silenzio per tutti gli Ismailiti e in seguito per loro stessi. Poi si dirà il “Farman” (decreto) o “Farman Pirshah.” La persona che versa l’acqua santa risponderà, Ya Ali, Ya Muhammad.” Questo rito viene eseguito anche il venerdì sera, nelle serate di Luna Nuova, e nelle cerimonie speciali come il Satada. Secondo gli Ismailiti, l’origine di questo rito si spiega col significato batin del suddetto passo Coranico e con alcuni hadith. Non c’è alcun rito simile nell’Islam Sunnita, anche se esiste un rito nello Sciismo duodecimano in cui i suoi membri bevono l’acqua mischiata con la terra di Kerbala. Si narra che molti Indù si affascinarono all’Ismailismo ai tempi di Pir Shams per via di questo rito. E il rito è ben documentato nella letteratura Ginan dei Khoja Ismailiti (canti sacri). Nel “So Kiria” di Pir Sadruddin, un manuale di pratica Ismailita è detto:

Si dovrebbe bere l’acqua santa (ab-e-safa) giornalmente, (è simbolo di unità e di unione con l’Imam) se vuoi raggiungere la via.” (So Kiria, 15)

Jimmy R. Davis, The Shia Imami Ismaili Muslims: A Short Introduction, So Kiria of Pir Sadruddin: an Ismaili Manual of Practice, pag. 46, 68, 69; 2007.

 Oltre al santuario di Pithoro, il culto e l’autorità spirituale sono professati da una casta sacerdotale, i Pithoro Pota Pir, chiamati anche gurara: essi sono anche i discendenti di Bhanwarji.

 Il culto di Pithoro Pir è generalmente associato a Sitala Mata o Sitala Devi, e a Ramdeo Pir. La data del suo mela non è lo stessa nel Sindh e nel Kutch. Il primo si svolge nel mese di settembre, e il secondo in marzo (Lalwani 2002). È probabile che il mela del Kutch sia stato istituito contemporaneamente alla festa di Udero Lal, la figura carismatica protettrice dei Lohana, il gruppo sindhi più numeroso della regione. Diversamente dai Pirpanti, i gruppi dei Rajput sodha e dei Menghvarrivestono un ruolo particolare. I Sodha sono generalmente zamindar e praticano una rigida separazione con gli Intoccabili. Rimangono molto influenti nel distretto di Tharparkar, nel Sindh orientale. Nel Kutch risiedono da parecchi secoli, sebbene un’ultima ondata migratoria accadde dopo la guerra indo-pakistana del 1971.

I Menghvar costituiscono un gruppo proteiforme la cui attività principale era il lavoro delle pelli d’animale. Oggi sono anche agricoltori o tessitori. Considerati intoccabili come i Kohli e i Bhil, costituiscono il gruppo più numeroso dei Pirpanti. Una ventina di anni fa, un movimento dissidente è apparso al loro interno. Si interrogava sull’origine della casta a cui Pithoro Pir apparteneva: Rajput o Menghvar? Questo conflitto traduceva, in effetti, un rifiuto virulento al predominio esercitato dai Sodha sui Menghvar. I dissidenti organizzano un mela separato a Pithoro e non sono in buoni rapporti col pir di Pithoro. Il prolungarsi di questa dissenzienza, ha creato un’organizzazione, la “Pakistan Scheduled Castes Federation”, che rifiuta la sua identità indù e domanda al governo pakistano di liberare gli intoccabili dal sistema discriminatorio imposto dai Sodha. Questo movimento situato a Karachi non ha ancora una risonanza nel Kutch.

L’iconografia di Pithoro Pir è stereotipata. Appare sotto le spoglie di un guerriero medievale. Questa rappresentazione dipende dai modelli ghazi o Rajput ed è circondata da due personaggi. Il primo è definito «Megha» nella versione kutchi, termine che si riferisce ai Menghvar; mentre il secondo è «Brahman Shri Djivan Joshi», un personaggio non identificato. Lo sfondo a volte varia, e riflette visioni locali in materia. Questa rappresentazione contrasta con quella di Ramdeo Pir e Udero Lal, che sono sempre circondate da molti discepoli. Il tempio di Bhuj si limita pressoché al suo shikara (guglia della torre che si innalza al di sopra del santuario), ciò che traduce una rivendicazione identitaria indù; mentre il santuario di Pithoro non si riferisce affatto ad una tradizione indù normativa. I devoti hanno adattato, di conseguenza, le rappresentazioni alle norme culturali ed artistiche dominanti. A Pithoro, un ashram è stato recentemente aggiunto: è consacrato a Virnath.

È possibile che questo personaggio sia legato ai Nath. La presenza del tridente dichiara, in ogni caso, un’appartenenza shivaita.

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