La sadhana del Ramadan e gli Yoga sutra di Patanjali

Ritornare alla fonte primordiale

La preghiera”Asato Maa Sat-Gamaya, Tamaso Maa Jyotir-Gamaya, Mrityor Maa Amritam-Gamaya”

cioè "Guidami dall’irreale al reale, guidami dall’oscurità alla luce, guidami dalla morte all’immortalità"(Shukla Yajurveda e Brihadaranyaka Upanishad)

riassume lo scopo della Creazione Divina, il culmine supremo del ritorno alla Trascendenza al di fuori della quale gli innumerevoli nomi e le forme si sono evoluti in un beatifico gioco mediante l’Unico senza un secondo. Il piano della Volontà Divina prevede che all’infuori dell’Unico, gli infiniti nomi e le forme possano fluire esternamente, e per un determinato tempo ci possa essere un beatifico movimento di questa divina molteplicità, e quando la volontà Divina lo riterrà, ci potrà essere un ritorno alla primordiale gloriosa fonte.

Brahman o Haqq

La Molteplicità è l’antitesi dell’eterna Verità che è sempre una. È irreale. È di natura tenebrosa. Il ciclo dell’inizio e della fine, della nascita e della morte, è la caratteristica di questo mondo illusorio. Quindi, un ritorno all’originale grandezza del Brahman1 significa una risalita dal nostro stato irreale verso quella Realtà Suprema, dall’oscura ignoranza alla luce della Conoscenza, da questo ciclo di nascita e di morte verso lo stato di Immortalità.

Questo ritorno si ottiene facendo evolvere ogni essere umano, ma secondo le Upanishad e le opere sufi, l’atman o ruh è il Brahman o l’Haqq/Huqq, non c’è niente oltre a esso e quando si ottiene la Realizzazione nessun attaccamento lo affligge. Questo è il Brahman o l’Haqq/Huqq, il non morire mai. L’universo è in Lui. Nulla è fuori di Lui. Shah Abdul Latif Bhittai (1689-1752), conosciuto comunemente come Shah Latif, disse:

Il Sufi vive in tutti, come un etere pervade tutti i corpi.

Guarda dentro, l’amico dimora in te.

Il ruolo dei Profeti

A volte grandi uomini sono venuti per riordinare il piano Cosmico trasmettendo un insegnamento spirituale. Gli individui che sono riusciti ad apprendere questi metodi e a risvegliare le loro coscienze hanno potuto rapidamente ridestarsi raggiungendo lo scopo prefissatosi. Questi metodi sono diventati le varie religioni dell’umanità. Gradualmente, queste religioni hanno avuto un più grande e sempre più numeroso numero di seguaci. Questi grandi gruppi esistono in tutto il mondo e sono gli indù, i buddisti, i musulmani, i cristiani e così via.

Resta di fatto che tutte queste religioni cercano in un modo o nell’altro di trovare per l’uomo una via che lo riconduca all’Immortalità.

L’Islam è un dono offerto a tutta l’umanità

L’Islam è una grande fratellanza che il Profeta Muhammad (la sua memoria sia santificata) ha offerto all’umanità. Tutte le religioni si propongono di ottenere lo stesso risultato ed è per questa ragione che hanno tutte una base comune. Anche l’anatomia interna del processo è la stessa, anche se i dettagli sembrano differire da religione a religione, — e questa differenza può essere colta facilmente se osserviamo i seguenti punti — cioè, lo sfondo storico, lo stato o la condizione della comunità nella quale ogni Profeta apparve, come pure le condizioni geografiche esistenti in quell’area dove nacque e distribuì i suoi insegnamenti.

La sadhana del Ramadan e della preghiera

Una delle sadhana (pratica spirituale) formulate da Muhammad per il fedele fu la sadhana del digiuno e della preghiera. Questa sadhana è comune a ogni religione del mondo. Il digiuno formulato da Muhammad è eseguito in un modo speciale nel nono mese dell’anno lunare islamico. Questo mese è chiamato Ramadan. In tutti i giorni di questo mese si digiuna. Il nome Ramadan è dato a questo intero mese di digiuno. La fine del Ramadan è un giorno importante. Nella religione islamica come nella vita del Profeta.

La luce su Muhammad nel mese del Ramadan

Muhammad fu una grande anima. Nacque col temperamento del santo. Il tempo in cui visse era animato di violenza. Era mortificato dalle condizioni in cui il popolo viveva. Lottò per trovare una via che potesse illuminare questo popolo. Disgustato, si isolava, lasciando la Mecca per luoghi desolati. Uno dei suoi luoghi di ritrovo speciali era una montagna chiamata Hijra. In una caverna, passava lunghi periodi di digiuno e di preghiera. In un’occasione, fu incoraggiato dall’Alto. Per un mese intero digiunò e pregò supplicando il Signore.

Il Signore gli concesse la Luce. Questo mese era quello di Ramadan. In uno degli ultimi giorni del mese apparve un essere celestiale che parlò a Muhammad e gli rivelò un messaggio dall’Altissimo. Commissionò a Muhammad di diffondere il messaggio tra i suoi concittadini e di predicare il libro della vera vita, allontanandoli dal sentiero demoniaco e indirizzandoli sul sentiero della bontà, della verità, della purezza, del perdono, della fratellanza. Così raggiunse la più alta Beatitudine.

La festa del Ramadan (‘Aid) è un darshan

La fine del Ramadan è un grande giorno per i musulmani. Si tratta dell’Aid. È un giorno di intensa preghiera. I musulmani si riuniscono ovunque, offrono preghiere e ottengono il darshan2 della luna, la quale simboleggia la Luce che apparve a Muhammad dal Trono più Alto dell’Eccelso.

Il digiuno si compie dall’aurora al tramonto per tutto il mese. I musulmani sono obbligati a mangiare qualcosa immediatamente dopo il tramonto, a una data ora. L’inizio e la rottura del digiuno viene segnalata da alcuni suoni. Essi possono mangiare qualcosa prima dell’aurora3, e questo dovrebbe essere fatto in modo tale che non si senta alcun sentore, alito o rutto durante la giornata. L’eruttazione comporta un’espiazione, ma non rompere il digiuno. Tuttavia, se un po’ di cibo viene fuori con esso, deve essere sputato fuori. Se viene inghiottito deliberatamente, questo interrompe il digiuno! Per questo motivo, bisogna evitare di abbuffarsi nella notte. Le ingiunzioni del digiuno sono così severe che durante le ore del giorno i musulmani non ingoiano la loro saliva, ma la espettorano.

Una sadhana islamica nella Bhagavad Gita

Muhammad attribuì a questa sadhana un profondo significato. Nella Gita c’è una Sloka (versetto):

Yaa Nishaa Sarva-bhutaanaam Tasyaam Jaagarti Samyamee
Yasyaam Jaagrati Bhutaani Saa Nishaa Pashyato Muneh.

या निशा सर्वभुतानां तस्यां जागर्ति संयमी
यस्यां जाग्रति भूतनि सा निशा पश्यतो मूनेः

“Ciò che è notte (di sonno) per tutte le creature è veglia (luminosa) per l’uomo d’autocontrollo. Ciò che è veglia per tutti gli esseri è notte (un momento di sonno) per il muni (santo) che percepisce il Sé.” (Bhagavad Gita, Capitolo 2, Versetto 69)

Questo versetto spiega completamente il significato del digiuno di Ramadan in poche parole. Questo digiuno è spiritualmente un metodo innato di Yoga; la ricerca spirituale è diametralmente opposta al percorso dell’uomo ordinario attaccato alla mondanità. I sensi dell’uomo mondano percepiscono la totalità delle impressioni vissute durante l’arco della giornata solare. I samskara (i ricordi del passato) si creano ogni giorno di più. Questo lega  l’uomo al Samsara4.

L’astinenza dai vishaya (gli oggetti di una affermazione) è ciò che i nostri Acharya (Maestri spirituali, Guru) hanno chiamato digiuno. Le cose sulle quali i sensi si alimentano sono ahara5 per l’uomo. La seguente istruzione richiede all’aspirante spirituale di voltare le spalle al mondo:

Muktimichchasi-chet Taata Vishyaan Vishavat tyaga,
Brahmacharyam Ahimsaam cha Satyam Peeyushavat Bhaja.

“Se desiderate la massima beatitudine, abbandonate il veleno del desiderio dei piaceri e dei godimenti sensuali e accogliete nella vostra vita come nettare le triplici virtù di castità, della non-offesa e della veridicità.”

ll Brahmacharya nel Ramadan

Negli Yoga sutra di Patanjali, il Brahmacharya, il quarto degli Yama, è la continenza, la morigeratezza. Shah Latif, conformemente alla suddetta istruzione, praticò in armonia col Brahman questo Yama durante il digiuno. La completa libertà dai desideri e dai pensieri sessuali durante il digiuno è sinonimo di Brahmacharya.

L’Ahimsa nel Ramadan

Il digiunante pratica l’ahimsa, astenendosi dalla violenza, nel pensiero, nella parola e nell’azione. In tal modo, acquisisce lo spirito dell’ahimsa e non può che esserci pace tra lui e tutti gli altri. Gandhi diceva invece che l’ahimsa (la non-violenza) “ci insegna a nutrire per le fedi religiose degli altri lo stesso rispetto che abbiamo per la nostra”. Nel Corano è citata molte volte la carità: nutrire i poveri e i bisognosi, sostenere i bambini orfani, i familiari e i viaggiatori… Se non si può digiunare, si devono nutrire sessanta poveri o distribuire sessanta pasti fra i poveri.

La Satya o Haqiqah nel Ramadan

Dopo l’ahimsa, la satya (verità) è il secondo degli Yama, cioè i principi etici negli Yoga sutra di Patanjali. Il satya è colui che avanza spiritualmente nella verità astenendosi dal mentire e in accordo con l’ahimsa. Nell’Islam, il satya o il “digiuno  della Verità” (sawm al-haqiqa) è fatto con l’occhio del cuore.

L’Asteya nel Ramadan

Il terzo Yama descritto negli Yoga sutra di Patanjali è l’asteya, o la regola del non rubare. L’Islam prevede durante il Ramadan alcune proibizioni come non bere alcolici, non praticare l’adulterio (zina) e non rubare.

L’Aparigraha nel Ramadan

L’Aparigraha è il quinto Yama descritto negli Yoga sutra di Patanjali e rappresenta l’astensione dall’attaccamento al possesso. Il digiunante rinunciando al cibo e ai beni materiali elargisce la sadaqah (donazione) e la zakat. Alla fine del mese di digiuno il musulmano adulto dona una somma in cibo per i più bisognosi che è detta zakat al-fitr.

La Saucha o la Tahara nel Ramadan

Saucha è il primo degli Niyama, è lo stato di purità rituale, in arabo tahara. È lo stato di purità interiore ed esteriore. In stato di tahara, il credente purifica non solo la sua persona, ma anche il vestiario e tiene i luoghi lontani da qualsiasi impurità (nagis).

Santosha o Rida

Santosha è un termine della tradizione yogica che significa letteralmente “contentezza, soddisfazione”. Nella filosofia indiana, in particolare nello Yoga, è uno dei Niyama di Patanjali. Nel misticismo islamico, la nozione sufi di rida, è solitamente tradotta come “contentezza”, “soddisfazione” e “buon piacere”.

Tapas o Riyada nel Ramadan

Tapas è un concetto introdotto già negli Yoga sutra di Patanjali e riguarda l’autodisciplina e la pratica intensa. Si tratta della nostra forza di volontà e di disciplina per completare un intero mese di digiuno. Il Ramadan è un esercizio di autocontrollo e autodisciplina (riyada in arabo) in cui i musulmani sono incoraggiati a evitare i pettegolezzi, le discussioni e i comportamenti egoistici.

Svadhyaya o Muraqaba nel Ramadan

Svadhyaya è il penultimo Niyama descritto da Patanjali negli Yoga sutra. Significa concentrarsi in meditazione studiando e leggendo i testi sacri, sopratutto i Veda e altri testi sacri. Nel mese di Ramadan è raccomandata la lettura dell’intero Corano che è suddivisa in trenta parti (Ajza’) per ogni giorno del mese. I mistici, costantemente impegnati nell’intensa meditazione del Corano, iniziarono molto presto a riflettere sul significato mistico di ogni lettera attraverso la quale la parola divina veniva rivelata. L’Imam Gia’far as -Sadiq, ha contribuito allo sviluppo della previsione mistica, il jafr, a partire dalla meditazione delle lettere del Corano. La continua meditazione del Corano portò al-Hallaj alla santificazione.

Ishvara Pranidhana o Tawakkul

 Isvara Pranidhana è l’ultimo dei Niyama descritti da Patanjali. Nella 23 parte degli “Yoga sutra” di Patanjali si insegna che il conseguimento della massima realizzazione spirituale avviene mediante la devozione a Dio, arrendendosi a Lui. Questo concetto nell’Islam è detto tawakkul. L’accettazione incondizionata del volere di Allah è una delle stazioni spirituali, è lo stato in cui il sufi si affida completamente a Dio.

Ahara o Taham nel Ramadan

L’allontanamento dal cibo è la prima richiesta. Il cibo fisico rappresenta l’interiore ahara (il cibo non necessario) che il jiva (il Sé individuale) trascina verso di sé mediante i sensi. L’abbandono del cibo fisico (in arabo taham) durante la luce del giorno simboleggia che il digiunante è morto al mondo. Durante le ore di luce della giornata il mondo è visibile. L’assunzione del cibo durante la notte simboleggia che lo Yogi si è chiuso al mondo visibile e trae sussistenza dal segreto mondo spirituale. Così procede sulla via dello Yoga. Mentre l’uomo mondano è occupato nelle faccende terrene, lo Yogi digiuna completamente. Egli vive nel proprio reame interno dello spirito alimentandosi col divino cibo della sadhana.

Una fratellanza universale tra yogi e musulmani

Essendo ricercatori, noi apparteniamo a una fratellanza universale che si riunisce sotto la comune bandiera dell’unità delle fedi. Preghiamo sinceramente sul Profeta Muhammad e su Allah in questo auspicabile primo giorno del mese di Ramadan. Non c’è differenza tra Jehova, Ahura Mazda, Dio l’Eccelso, il Padre Celeste o l’Atma o lo Spirito Supremo. Egli è Colui che può ispirarci e darci la forza interiore necessaria per allontanarci dalle lusinghe di questo mondo esteriore e renderci consci del modo di vivere dello Yoga. Così, noi con grande fede e con esercizio sostenuto procediamo sul percorso dello Yoga. Possa Allah benedirci col dono dell’illuminazione spirituale, il culmine della sadhana, allo stesso modo in cui fu illuminato il Profeta Muhammad nei suoi ultimi giorni di Ramadan.

Note

1. Brahman rappresenta l’importante aspetto di immutabilità, di infinito, di immanenza e di realtà trascendente, l’Origine Divina di tutti gli esseri.

2. Darshan è un termine sanscrito che significa vedere qualcosa o qualcuno: eseguendo il darshan nel modo giusto il devoto sviluppa affetto per Dio, e Dio sviluppa affetto per quel devoto.

3. Il pasto prima dell’alba è detto suhur in arabo e corrisponde al Brahmamuhurtha o tempo di Brahma.

4. Il termine sanscrito Samsara indica l’oceano dell’esistenza, la vita terrena, il mondo fisico di preoccupazioni e sofferenza nel quale l’anima deve necessariamente compiere la propria esperienza.

5. Significa il cibo che è necessario a un organismo umano per mantenersi in salute.

Bibliografia

Il significato spirituale del Ramadan di Sri Swami Chidananda

Bhagavad Gita

Motilal Jotwani, Sufis of Sindh

/ 5
Grazie per aver votato!