La Upanishad di Allah o Allopanishad

“Al nome Allah fu data un’etimologia Sanscrita. Una nuova Upanishad detta Allopanishad vide la luce. Secondo i Purana, La Mecca è detta Mochoasthan, il luogo di Mocsh-Iswara, una divinità antica.” (The Visva-bharati quarterly, 1928, Volume 6, pag. 55)

L’autenticità dell’Allopanishad nell’Islam

 Le Upanishad sono considerate scritture di Divina conoscenza e molti studiosi Indù le ritengono perfino superiori ai Veda. Quest’affermazione è rintracciabile ed esistente in alcune Upanishad, perché l’argomento Vedico è di ottenere piogge abbondanti e raccolti copiosi, nonché ricchezze e grandi quantità di bestiame, mentre le Upanishad impartiscono la conoscenza Divina e insegnano all’anima umana di avvicinarsi al suo creatore e Padrone.

Molte Upanishad, così, sono dette complementari o appendici dei Veda, cosicché il capitolo 40 dell’Yajur Veda è dichiaratamente chiamato Ish Upanishad. Allo stesso modo, tutte le Upanishad sono distribuite nei quattro Veda, o esse sono chiamate le loro Upanishad speciali, così l’Allopanishad è un’Upanishad dell’Atharva Veda. Essa è citata fin dall’antichità non solo nel lessico Sanscrito, ma il suo nome esiste anche nella lista delle Upanishad. Inoltre, per sottolineare la sua importanza, fu pubblicata in Gujarati e in altre lingue insieme al testo originale dato che gli editori furono gli stessi pandit Indù.

In questa relazione presentiamo una ristampa fotografica dell’Allopanishad pubblicata da questi pandit. Nagendra Vasu Nath, uno studioso Indù, l’ha riportata nel suo libro voluminoso, Vishwa kosh (Enciclopedia Indica), vol. II, pubblicato a Calcutta, e ha dichiarato che l’Allopanishad è un’eulogia a Parameshwar (Supremo Dio), giacché Allah è il nome di Parameshwar o Brahma.

Abdul Haque Vidyarthi, Muhammad in world scriptures, Volume 3, pag 1111

Nel vol. III dello stesso Libro si tentò di dimostrare che non è autentica. L’argomentazione addotta a sostegno di quest’affermazione fu che alla vista di quest’Upanishad molti Indù divennero Musulmani avendola compilata un pandit convertito all’Islam. Bisogna fare le seguenti considerazioni:

1) Come ha fatto a entrare col titolo di Upanishad nelle case Induiste malgrado fosse stata compilata da un pandit convertito?

2) Perché i pandit Indù la ripubblicarono ugualmente come Upanishad durante il suo trasferimento da Calcutta (Bengala) ad Aurangabad (Deccan)?

3) Perché a Bombay i pandit Indù la tradussero, la stamparono e la pubblicarono in Gujarati?

4) Perché i lessicografi di lingua Sanscrita dopo aver esaminato l’Allopanishad compilata da un Musulmano la accettarono come libro e sukt dell’Atharva Veda? L’Arya Samaj fece circolare un buffo argomento secondo cui questo sukt fosse un’interpolazione dell’Atharva Veda, ma non pensarono che in questo modo la posizione dei Veda diventasse dubbia e inaffidabile. Se la compilazione di un Musulmano può trovare un posto nei Veda, che altro i pandit Indù potrebbero inserire in essi? L’esistenza stessa dei sacri Veda da questi guazzabugli letali diventa velenosa e desueta.

La questione è la seguente: tutti i manoscritti dei Veda furono sotto la custodia di un singolo Pandit che si convertì segretamente all’Islam non divulgando di essere un Musulmano? Corruppe così i Veda? Se l’insieme degli altri Pandit adottando e distribuendo per l’intera India tutti i Veda in suo possesso diffusero la stregoneria e l’esorcismo di questo pandit convertito, allora egli stregò la totalità del paese?

Se non fosse così, è certamente miracoloso che nessun manoscritto dell’Atharva Veda sia spuntato fuori dalla casa di qualche pandit senza l’Allah Sukt (il Sukt o l’Inno di Allah), o che questo neo-convertito Musulmano abbia scorrazzato per il paese entrando nelle case dei pandit Bengalesi e Deccani, o di Aurangabad e Bombay, inserendovi l’Allopanishad nelle loro sacre Scritture, mentre nessuno sapesse che i Veda depositati nella sua casa fossero stati corrotti in una notte, o che l’interpolazione fosse così pericolosa giacché conteneva all’interno la Kalimah Musulmana (formula di fede), il nome di Muhammad e la menzione degli attributi Divini di Allah.

Inoltre, miracolosamente, tutti gli Indù ritennero che questa compilazione operata da un Musulmano fosse un’Upanishad reale, cioè, una conoscenza Divina e un libro molto superiore ai Veda; i lessicografi della lingua Sanscrita ritenendola un’Upanishad la riprodussero nei loro dizionari con il nome di Allah e la menzione dei Suoi attributi, laddove la lode e il panegirico di Parameshwar celebrati in essa, erano molto diversi dai Veda, ma molto ragionevoli e appropriati. Poter cavare dalle labbra dei pandit Indù la dignità e la distinzione per la parola di Ishwar, se una scrittura è redatta da un Musulmano, è davvero un miracolo nel miracolo. Ancor più prodigioso è che l’autore Musulmano dell’Allopanishad convertitosi all’Islam dopo aver compilato questo libro, non informò nessun altro Musulmano del manoscritto o della sua traduzione, né divulgò il suo nome, contrariamente ai pandit Indù.

Le sciocche asserzioni di questi stupidi sorprendono e addolorano; ma il pensiero che attraversa la mente riguarda quei pandit poveri e spiantati, i quali commisero quest’atto per ottenere degli onori fra i Musulmani. Che cosa attirò e sedusse Raja Radha Kant Bahadur, il ricco e opulento compilatore del Sabda Kalpadram (dizionario di Sanscrito) per scrivere nel suo lessico che quest’Upanishad appartenesse all’Atharva Veda? E come mai l’autore del Wachasptya (l’opus magnus di Taranath Tarkavachaspati), un lessico molto antico della lingua Sanscrita, cita l’Allah Sukt in questo libro molto prima che i Musulmani penetrassero in India?

Pandit Bhagwat Dutta, studioso e ricercatore di cui l’Arya Samaj ne è fiera, ammise che a causa di questo Sukt di Allah, il testo di Atharva Veda è stato manipolato e corrotto; l’ammissione dell’interpolazione nel Veda, è infatti, un atto molto più pericoloso e mortale che accettare l’esistenza dell’Allopanishad in esso. Questi nemici del Dharma Vedico non capiscono che se i Veda fossero dei libri così insicuri e modificabili da chiunque a proprio piacimento, la pretesa di essere testi di rivelazione e conoscenza Divina diventerebbe dubbia e inaccettabile.

I manoscritti dell’Allopanishad pubblicati ad Aurangabad (Deccan), nel Sabda Kalpadram di Raja Radha Kant Bahadur e a Bombay insieme alla traduzione Gujarati, non furono cavati dalla casa di un Musulmano, ma il suo manoscritto ha decorato gli scaffali delle biblioteche dei pandit Indù, i quali consideravano queste sacre scritture più care della loro vita. Essi curarono e custodirono questi testi sacri per migliaia di anni dal tocco di qualsiasi Musulmano, giacché ritenevano che il loro contatto fosse un gran peccato. Per una persona decisa a non accettare una grande e gloriosa verità non c’è rimedio, né cura. Un intellettuale affidabile potrebbe ammettere che i pandit Indù durante la pubblicazione di questi libri abbiano manomesso il testo a causa dei loro pregiudizi religiosi, o perlomeno, abbiano tentato di distorcerlo rendendolo incomprensibile e oscuro; tuttavia, l’idea di inserire qualcosa contro la propria fede è semplicemente assurdo e sciocco.

Nel Bhavishya Purana è citato il nome del Santo Profeta Muhammad, il suo paese e la sua gente, una lode è cantata dai suoi seguaci e la sua religione è chiamata la fede istituita da Dio altissimo; allo stesso modo, nella piccola scrittura dell’Allopanishad, la sacra Kalimah Islamica e il santo nome del Profeta sono citati due volte, nonché uno sforzo è posto sulla recitazione di questa formula di unità Divina. In quest’articolo è pubblicata una copia fotografica di quest’Upanishad insieme alla sua traduzione letterale per gli amanti e per i ricercatori della verità.

Per i nostri fratelli Indù, l’argomento è probabilmente definitivo e completo, cosicché ripongano la loro fede e credano nel Santo Profeta Muhammad (la pace e benedizioni di Dio siano su di Lui) secondo la disposizione esplicita dei loro Rishi. Gli insegnamenti sublimi del Profeta rendono liberi da tutti i mali gli intoccabili dell’Induismo e li affrancano dall’odiosa distinzione di casta, ecc… Essi possono arricchirsi con la ricchezza della pura e perfetta Unità Divina credendo solo nell’unico Vero Dio e nei Suoi attributi così come indica l’Allopanishad, la quale li libera e li separa dal culto di alberi, pietre, animali e uomini, facendogli posare il piede sul Percorso Giusto, il percorso della salvezza e della liberazione in questo mondo e nell’Aldilà.

Ecco la traduzione semplice e letterale dell’Allopanishad.

“1) Il nome della divinità è Allah. Egli è Uno. Mitra, Varuna, ecc… sono i Suoi attributi. Allah effettivamente è Varuna, il re di tutto il mondo. Confratelli, alzate lo sguardo perché Allah è la vostra Divinità. Egli è Varuna e come seguaci, riparate le opere di tutta la gente.

(2) Egli è Indra. Il magnifico Indra. Allah è il più grande di tutti, il migliore, il più perfetto e il più santo di tutti.

(3) Muhammad, l’Apostolo di Allah è il più grande Messaggero di Allah. Allah è l’Alfa, Allah è l’Omega, Allah è davvero il Nutritore di tutto il mondo.

(4) Ad Allah spettano le nobili azioni. Allah, in realtà, ha creato il sole, la luna e le stelle.

(5) Allah inviò tutti i Rishi, creò il sole, la luna e le stelle. Allah inviò tutti i Rishi e creò i cieli.

(6) Allah è il Manifestatore della terra e dello spazio. Allah è grande e non c’è dio eccetto Lui. Oh tu adoratore (Atharva Rishi), recita ‘La-ilaha-illa-Allah’.

(7) Allah esiste fin dall’inizio. Egli è il Nutritore di tutti gli uccelli, delle bestie, degli animali che vivono nel mare e di quelli che sono visibili a occhio nudo. Egli è Colui che rimuove tutti i mali e le calamità. Muhammad è l’Apostolo di Allah, il signore della creazione. Di conseguenza, dichiara: Allah è uno, e non c’è altro dio all’infuori di Lui.

 Da questo testo dell’Allopanishad si evince chiaramente ciò che Nagendra Nath Vasu scrisse nell’Encyclopaedia India: “In quest’Upanishad è citata l’Unicità di Allah (Parameshwar) e gli attributi divini, mentre per la sua bellezza e per la sua grazia nessun religioso sano di mente può sollevare qualche obiezione.” La predicazione Divina di Muhammad è citata due volte.

L’autenticità dell’Allopanishad nell’Induismo

 “Gli Indù riconobbero in Allah un’incarnazione di Vishnu e nel Profeta Muhammad un ispirato Sadhu. Gli Indù scrissero l’Allopanishad e fecero dell’Imperatore Akbar un Avatar.” (Sir Jadunath Sarkar, India through the ages: a survey of the growth of Indian life and thought, M. C. Sarkar & sons, 1928, pag.70)

“In occasione dell’incoronazione di Akbar, degli Yogi recitarono l’Allopanishad in metri vedici e lo benedissero. La regina Devi Choudharani recitò questi mantra mentre compiva il Tulsi Puja e gli augurò lunga vita. Dopo aver letto l’Hathayoga Pradipika scritto da questi Yogi, Abul Fazl raccontò di uno Yogi dell’India Meridionale detto Allama-Allamaprabhu che seguiva la stessa tradizione.” (Indian literature: Volume 41, Sahitya Akademi, 1998, pag. 175)

 Ram Nath, docente presso l’Università di Bombay, ritiene che l’Allopanishad o l’Upanishad di Allah sia stata composta durante il regno di Akbar, sotto la sua direzione, verso il 1580 d.C. in Fatehpur Sikri. Egli dichiara ancora che l’Allopanishad non fu menzionata dallo storico Badaoni giacché allude a essa solo indirettamente. Le cronache Persiane posteriori tacciono sul punto. Dayanand Saraswati la cita completamente attraverso una fonte riservata nella 14° samullasa (capitolo) del suo Satyartha-Prakasa (La Luce della Verità) e prima la pubblicò nel 1939 V.S. (calendario Vikram Samvat)/1882 d.C.1 Il testo è il seguente 2:

Per quanto riguarda il suo significato e le sue implicazioni è tradotta nel modo seguente: “Allah è Mitra, Allah è Varuna.3 Egli sorregge tutte le divinità. Al pari di Varuna, Allah è Onnipotente e sostiene tutto l’universo. Al pari di Mitra, Egli è Onnipervadente (onnipresente, sarva-vyapaka); insieme a Mitra e Varuna, Allah è il dispensatore di Tejas (in Sanscrito fuoco) e di Desiderio — le due cause eterne della creazione. (1).

Egli è Indra, il Signore degli dei; Allah è Hot?4 del Fuoco Sacrificale (yajna); Allah è grande, Allah è il supremo, Egli è uno e tutti e Brahma-rupa. (2).

C’è Allah, Egli è uno e tutto (sarvasva) e Mah?mad Akbar5 è il Suo Profeta. (3).

Allah è la fonte di questo mondo fenomenico (jagat) ed è onnipervadente. (4).

Tutti gli yajna sono compiuti per Lui. Allah è Surya, Egli è Candra e le stelle e tutti i corpi celesti — l’intero tabernacolo celestiale è la Sua manifestazione. (5).

Egli è rsi, Egli è Indra il Signore degli dei ed Egli si è mostrato come Maya- rupa nell’Antariksa. (6).

Allah è prthvi, Egli è Antariksa — infatti, Egli è la completa višvarupa. (7).

Allah è grande, Allah è grande, Egli è uno e tutto e non c’è nessun altro tranne Lui6. (8).7

Allah è Anadisvarupa, Egli è la causa di tutto e i Veda cantano inni per Lui. Lasciate che Dio ci conceda la parte migliore degli esseri umani, degli animali, delle creature d’acqua, dei saggi e delle divinità invisibili (per esempio, Bhutapretayaksakinnaragandharva, ecc…), cioè permettete che questo mondo ci sia propizio. (9).

Allah è shakti, la causa dinamica del mondo fenomenico e il distruttore del male. Allah è grande e Mahamad Akbar è il Suo Profeta. Egli è uno e tutto e non c’è nessun altro tranne Lui. (10).8

Secondo Ram Nath questa nozione dà una lettura veramente interessante, innanzitutto perché, il testo mostra che quest’Upanishad fu composta sotto la direzione dell’Imperatore Moghul Akbar (d.C. 1556-1605) da una o più persone che conoscevano il Sanscrito e l’Arabo. L’Allopanishad è, quindi, uno strano miscuglio di Sanscrito e Arabo e, al tempo stesso, una mistura di pensiero e credo Islamico e Vedico, più precisamente Upanishadico.

I Brahmana dei Veda contengono i testi ritualistici, mentre le Upanishad affrontano il pensiero Vedico e la conoscenza, evidenziando l’aspetto Jnanico invece del karma-kanda. Infatti, la stessa parola Upa-nishad significa il Pensiero più Alto. In origine vi erano poche Upanishad Vediche, per esempio: I’saKenaKatha,Prasna TaittiryyaAitareyaChandogyaBrahadaranyaka e Svetasvatara. Le Upanishad furono in seguito composte di tanto in tanto da Vaisnava, Saiva, Saktae da altre sette, cosicché il processo di creazione di nuove Upani?ad continuò fino al 20° secolo, quando i PindaBrahmandaUpanishad furono scritti da Swami Keshavanand, così attualmente esistono circa 200 Upanishad. Tuttavia, l’insieme di queste Upanishad trasse ispirazione dal pensiero Vedico e discusse il concetto monoteistico del mondo fenomenico. Esse descrissero la divinità suprema come anadiavyaktanirakaraniranjan e sarva-vyápaka.

Il testo dell’Allopanishad coincide anche con il tema fondamentale delle Upanishad Vediche e descrive Allah, il Purusa, in termini identici. È paragonabile così al Mundakopanishad, 2.1.4.:

“La cui fronte è Agni (Dyuloka); la Luna e il Sole sono gli occhi, le direzioni sono le orecchie, il Veda è il discorso, Vayu è il respiro, l’intero universo è il cuore, e la terra apparve dai piedi, la cui divinità, il Purusa, pervade i corpi fisici interi” (Mundakopanisad, 2.1.3.):

Pranamana, tutti gli indriya, l’Akasa, il VayuTejasjala e questa Prthvi – terra madre e dea Indù – che sorregge il mondo intero fu creata da questo Puru?a, cioè Egli è la causa ultima del loro essere” (Svetasvataropanishad, 3.19.):

“(Lui) non ha mani eppure riceve, (Lui) non ha piedi eppure cammina, (Lui) non ha occhi eppure vede, (Lui) non ha orecchie eppure sente; (Lui) conosce tutto ma nessuno lo conosce. I Saggi lo hanno chiamato il Grande Adipurusa.”

Ecco l’essenza dell’Allopanishad:

(Allah è Grande e Mahamad Akbar è il suo Profeta. Egli è Uno e Tutto e non c’è nessun altro eccetto Lui.)

Dei Bramini raccolsero una serie di 1001 nomi riguardanti ‘Sua Maestà il Sole’ dichiarando l’Imperatore Akbar un’incarnazione di Rama e Krishna e di altri re, e sebbene fosse il Signore del mondo, aveva assunto la sua forma per potersi svagare con la gente del nostro pianeta.

Secondo Badaoni, Akbar fu dichiarato anche il ‘Sahib-i-Zaman’ e varie prove furono raccolte affinché fosse il MAHDI. “Tutto questo rendeva l’Imperatore il più incline a rivendicare la dignità di profeta, forse dovrei dire, la dignità di qualcos’altro (cioè di Dio)”9

L’Allopanishad non fu citata direttamente da Badaoni e il riferimento più vicino nella sua storia è il seguente: “Sua Maestà mi ordinò di tradurre l’Atharban (Atharva-Veda)10…. Un precetto dell’Atharban afferma che nessun uomo si salverà se non legge un determinato brano. Questa frase contiene molte volte la lettera 1 e assomiglia parecchio al nostro ‘La-illah illa’llah’.”11 Ciò leggiamo nell’Allopanishad. Il credo Islamico si è potuto integrare con le divinità Vediche solo nell’epoca di Akbar grazie alla sua visione e al suo coraggio di cavalcare le innovazioni che non importavano molto agli Ulema.

Più convincente ancora è la succitata Kalma (la professione di fede) di Akbar: “Allah è Grande e Mahamad Akbar è il suo Profeta. Egli è Uno e Tutto e non c’è nessun altro eccetto Lui”; essa è il tema principale dell’Allopanishad e il suo pilastro centrale come il suo (cosiddetto) Diwan-i-Khas di Fatehpur Sikri. Anche se sembra strano che un’Upanishad di Allah possa essere composta, non c’è niente di straordinario.

Essa mostra solo il genio del pandit Indiano e l’estrema adattabilità della sua concezione ad accettare e a integrare qualsiasi elemento estraneo nel proprio sistema. Sappiamo per certo che il pandit Indiano ha combattuto con zelo contro la religione atea del Buddha, ma ha accettato il Buddha stesso all’interno suo pantheon onorandolo come un Avatar di Vishnu. Nell’Agni-Purana, già nel quarto secolo d.C., il Buddha avatara era stato così descritto:

“Sto descrivendo la manifestazione (di Vishnu) come Buddha, attraverso la lettura e l’ascolto si ottiene ricchezza. Una volta, nella battaglia tra deva e asura, i deva furono sconfitti dai daitya (i demoni, figli di Diti). Cercarono rifugio nel Signore dicendo: ‘Proteggici! Proteggici!’. Egli (Vishnu), che ha la forma dell’illusione illusoria divenne il figlio di Suddhodana (il Buddha). Illuse quei demoni. Coloro che abbandonarono il percorso stabilito nei Veda, divennero i Buddha.” (Agni-Purana, 1.16.1-3)

L’Allopanishad dà un’idea delle concezioni religiose di Akbar, il quale fu un sincero ricercatore della verità. Dopo aver istituito l’Ibadatkhana (casa di culto), arrivò alla conclusione che la verità non si limita solo all’Islam, essendo relativamente una nuova religione, ma anche le altre religioni hanno una sana filosofia. Gradualmente si indirizzò verso l’Induismo.

L’Allopanishad fu un tentativo sublime di Akbar di fondere e di integrare due culture e due popoli in guerra, un tentativo probabilmente superiore al suo Din-i-Ilahi.12

Note

1.   La prima edizione del Satyartha-Prakasha (La Luce della Verità) conteneva solo 12 capitoli. Due capitoli, rispettivamente il XIII sul rifiuto del Cristianesimo e il XIV sul rifiuto dell’Islam, furono aggiunti in seguito e dapprima pubblicati nel 1939 V.S./1882 d.C.

2.   Satyartha-Prakasha di Dayanand Saraswati (V.S. 2028, New Delhi) pag. 421.

3.   Mitra e Varuna sono divinità Vediche, e.g.

4Rgveda, 10.71.11 dichiara che Hota

(il saggio Rgvedico) legge il rca (o, agnistoma) nel yajnaUdgata

(il saggio Samavedico) canta i samaAdhvaryu

(il saggio Yajurvedico) legge il yajus (formula sacrificale destinata ad essere mormorata dall’Adhvaryu durante le manipolazioni rituali. La raccolta degli yajumsi costituisce lo Yajurveda) e esegue i rituali del yajna e Brahma

(Il saggio vedico Atharva) scongiura gli spiriti maligni coi suoi mantra magici. Ovviamente, l’Hota conquistò un ruolo di primo piano nello svolgimento degli yajna.

5. Potrebbe anche essere una forma Sanscritizzata di Muhammad Akbar.

6. Può anche significare che Akbar è grande e non c’è nessun altro sulla terra che lo uguagli, o che Akbar è Dio, cioè Akbar è l’Ombra di Dio.

7. È una forma virtuale Sanscritizzata  della dottrina Islamica: “La illaha illilah, Muhammad rasul Allah”.

8. C’è inoltre una forma della dottrina religiosa Islamica.

9. Badaoni, Muntakhabu’t-Tawarikh. II. 295.

10. Abul Fazl lo scrive anche ‘Atharvan’ Cf. Ain-i-Akbari Vol. III op. cit. pag. 219.

11. Badaoni, Muntakhabu’t-Tawarikh. II. 216.

12. Molte sfaccettature della personalità di Akbar sono state ampiamente offuscate dai racconti elogiativi degli scrittori moderni, i quali richiedono una ricerca più minuziosa. Alcuni documenti del presente autore, oltre ai summenzionati, chiariscono certi aspetti della sua personalità estremamente misteriosa permettendone una valutazione: “Depiction of Fabulous Animals (Gaya-Vyala) at the Delhi-Gate of Agra Fort”, Medieval India: A Miscellany, Aligarah Vol. 2 (1972); “ThePersonality of Akbar as revealed in the Inscriptions of Fatehpur Sikri and Agra’, Indo-Iranica, Calcutta, Vol. XXV Nos. 3-4 (Silver Jubilee Number); “Mayura-Mandapa of Akbar in the Agra Fort”, Vishveshvaranand Indological Journal Hoshiarpur, Vol. XI (1973); “Depiction of a tantric Symbol in Mughal Architecture”, Journal of Indian History, Trivandrum Vol. 53 (In press) and “Mughal Concept of Sovereignty as traced in the Inscription of Fatehpur Sikri, Agra and Delhi, (1570-1655)”, Indica, Bombay, Vol. XI No. 2 (Settembre 1974).

Bibliografia

1.   Abdul Haque Vidyarthi, Muhammad in world scriptures, Volume 3, Dar-ul-Isha’at Kutub-e-Islamia, 1997

2.   Ram Nath, On the authenticity of the Allopanishad, Lashkar (Gwalior), Journal of the Oriental Institute, University of Baroda, India.

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