LO YOGA E IL SUFISMO SCIITA DEGLI HUNZA

Renee Taylor, è l’autrice del primo libro sullo yoga degli Hunza. Di origine belga, divenne un’affermata insegnante di yoga a Hollywood, che non va però confusa con l’omonima attrice Renee Taylor.

Nel 1961, Renee Taylor fu la prima donna occidentale che visitò l’antico stato principesco degli Hunza, un paradiso isolato dell’Himalaya, che confina con Cina, Russia, Afghanistan e India. Dopo aver soggiornato alcuni mesi a Karimabad, nota come Baltit, nell’estate del 1961, fu invitata nel palazzo reale dal re, il Mir Muhammad Jamal Khan, e da sua moglie, la regina, la Rani Shams-un Nahar. Si presentò dai regnanti con una squadra che comprendeva gli editori Mulford J. Nobbs, il regista Zygmunt Sulistrowski accompagnato dal suo operatore Wayne Mitchell, e dal professore di filosofia. James B. Jones.

Gli Hunza sono seguaci dello yoga e maestri della respirazione yogica, osservano quotidianamente la meditazione con brevi sessioni durante la giornata. Taylor pur insegnando l’Hatha Yoga classico ha affermato che è il Raja Yoga, chiamato dai Sufi e dagli Ismailiti Kasab, il vero cuore dello yoga; però, l’Hatha Yoga è il percorso numero uno per costruire il corpo fisico, spiega. Se il corpo è debole, la mente non funziona perfettamente. Taylor sottolinea sempre la respirazione durante le sue lezioni. La respirazione è l’essenza dello yoga. In seguito, Taylor ha raccontato la storia degli Hunza in diversi libri di successo e in un film pluripremiato.

Il colonnello R.C.F. Schomberg che per otto anni visitò la regione del Gilgit-Baltistan riporta nel suo libro: “la fiducia di Renée Taylor nelle eccezionali qualità degli Hunza riposa interamente in ciò che il Mir le confida.” (Schomberg, Between The Oxus And The Indus, pag. 138)

Da Jabir ibn Hayyan allo Yoga degli Hunza

Jabir ibn Hayyan

La storia degli Hunza prima del 18 ° secolo è vaga e non adeguatamente documentata, però, è noto che in origine la religione del Baltistan era il Buddhismo Vajrayana. A metà del 600, il Baltistan Tibetano passò sotto la sovranità Cinese, ma i Tibetani si allearono con i Califfati Islamici Ommiade e Abbaside per fronteggiare la minaccia Cinese. Nel settimo secolo d.C, il Buddhismo Iraniano orientale interagiva con l’Asia centrale, il Tibet e l’India, per cui l’alleanza strategica Islamo-Tibetana favorì la partenza di Jabir verso queste regioni per testare la sua scienza.

Nello studio di Michael Lee Walter sulle fonti Tibetane, Jabir è chiamato Dza-bir ed è presentato come un Sufi alla ricerca dei segreti dell’alchimia.

Si crede che abbia praticato il Buddismo Tantrico per rafforzare la sua resistenza fisica e spirituale, che includeva la longevità, il potere della mente, il superamento delle malattie e la liberazione del corpo dalla sua stessa natura.

Nel contesto della tradizione alchemica, la trasformazione degli elementi grossolani in elementi sottili e luminosi che lasciano pochi resti dopo la morte avviene attraverso tecniche di controllo mentale e di purificazione fisica.

Questo progresso di trasformazione spirituale, dichiara Jabir, conduce ad un “corpo color arcobaleno”. Il “corpo arcobaleno” allunga la vita dello yogi e gli consente di proseguire la sua pratica di avanzamento verso lo stato di bodhisattva.

La ricerca scientifica e spirituale di Jabir iniziata nel Khorasan ebbe l’appoggio della dinastia Barmecida, in origine amministratrice del monastero Buddhista di Nava Vihāra (Nawbahar) ad ovest di Balkh (Afghanistan). Le conoscenze yogiche acquisite da Jabir vennero ereditate e conservate in parte dagli Hunza.

Rinchan Sadruddin

Sultan Sadruddin, Rinchan o Rinchana, fu il primo governatore Musulmano del Kashmir, un contemporaneo di Edoardo III d’Inghilterra, era originariamente un Ladakhi, chiamato anche Tibetano, cioè del Tibet occidentale. Originariamente principe Tibetano Buddhista, era bendisposto verso l’Islam a causa delle sue relazioni con Shah Mir, ministro del Kashmir. Le fonti Persiane ritraggono Rinchan come un sincero studente di religione comparata.

“Si narra che dopo essere salito al trono, Rinchana abbia fatto vari sforzi per conoscere la verità, e a tal fine tenne diverse discussioni con i sacerdoti Indù e Buddhisti, ma nessuno di loro poteva soddisfare la sua mente interiore. Di conseguenza, trascorreva le sue notti irrequieto. Alla fine, decise che avrebbe adottato la religione della prima persona che avrebbe visto al mattino. Così accadde che la mattina dopo, quando uscì dal suo palazzo, gli occhi di Rinchana caddero su Sayyid Sharif-ud-Din, comunemente noto come Bulbul Shah, che in quel momento stava pregando. Richana andò immediatamente da lui, e dopo aver chiesto la sua religione accettò l’Islam”. (Baharistan-i-shahi, autore anonimo)

Bulbul Shah (morto il 1327) era un Sufi Sciita del Turkestan appartenente all’ordine della Suhrawardiyya e col favore del Re Rinchan Sadruddin iniziò al Sufismo migliaia di adepti nella valle dello Hunza.

Suhrawardiyya e Yoga Tibetano

Suhrawardi (1153-1191) era un visionario Sufi Persiano che era stato martirizzato all’età di trentotto anni in quanto difensore della realtà ontologica degli stati visionari. Sviluppò una teoria della conoscenza visionaria e della saggezza illuminativa che esaltavano l’integrità degli stati alterati di consapevolezza; inoltre, valorizzava l’unione della gnosi con la riflessione razionale. Suhrawardi percepiva che il mondo immaginario era la realtà su cui potevamo fare un totale affidamento. Gli iniziati della sua scuola misterica erano chiamati il ​​”popolo dell’amore”.

Qual è dunque il legame tra queste due tradizioni? Il Tibet conserva e custodisce gli insegnamenti dell’illuminazione. La tradizione Buddhista Tibetana accede alle sue intuizioni attraverso pratiche meditative che coinvolgono il terzo occhio, un organo visionario piuttosto che visivo, che si apre al mondo sottile dell’immaginazione. In questo dominio immaginale risiedono le guide dell’anima, i guru spirituali, i maestri storici illuminati di tutte le grandi tradizioni spirituali del mondo, come appunto Suhrawardi. Lo gnosticismo Sufi, che segue un processo simile, si collega direttamente alle pratiche e alle credenze del Buddhismo Tibetano.

Nel capitolo sulla reincarnazione contenuto nel “Libro della Filosofia Orientale o Illuminativa”, Suhrawardi scrisse: “Buddha e gli Orientali prima di lui hanno detto che la Porta delle Porte per la vita di tutte le fortezze elementari è la fortezza umana”. Significa che ogni essere umano riceve un’anima appena emanata, ma che queste anime dopo la morte sono poi reincarnate nei corpi degli animali.1

In questo clima d’interazione spirituale tra Sufismo e Buddhismo Tibetano prosperò e si conservò lo Yoga degli Hunza.

Nota 1: Qutb al-Din identifica “gli Orientali” nei saggi Babilonesi, Persiani, Indiani, Cinesi e in altri mistici.

Bibliografia

Anna Akasoy, Charles S. F. Burnett, Ronit Yoeli-Tlalim, Islam and Tibet: Interactions Along the Musk Routes, 2010

Al-Hajj Sufi, Kashir, A History of Kashmir, 1948

Parweg Aalum, The Spread of Shi’ism in Kashmir during Chak Dynasty (1554-1586 A.D.)

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