LE SCRITTURE INDÙ INGIUNGONO DI MANGIARE LA CARNE BOVINA

LE SCRITTURE INDÙ INGIUNGONO DI MANGIARE LA CARNE BOVINA

“Oh Adya! I cinque elementi essenziali prescritti per il culto della Shakti sono il vino, la carne, il pesce, il riso di grano cotto al forno, e l’Unione tra l’uomo e la donna. L’adorazione della Shakti senza questi cinque elementi è una pratica di magia nera. La Siddhi che è l’oggetto della sadhana non è mai raggiungibile di conseguenza, e gli ostacoli incontrati si trovano ad ogni passo. Come le sementi sulla roccia infertile non germinano, così il culto senza questi cinque elementi è sterile.”

(Mahanirvana Tantra, capitolo 5, versi 22-24)

Fonte web:  http://www.hinduwebsite.com/sacredscripts/tantra/maha05.asp

Molti Indù sono strettamente vegetariani. Pensano che un’alimentazione carnivora sia contro la loro religione. In realtà, le scritture Indù permettono e promuovono il consumo di carne. Le scritture citano Saggi e Santi mentre consumano cibo non vegetariano. Le scritture Indù indicano chiaramente che non vi è nessun illecito nel consumo di carne.

È menzionato nella “Manusmriti, il Libro della Legge Indù (in Sanscrito “Le leggi di Manu”) capitolo 5 versetto 30: “Il mangiatore che giornalmente divora (carne), non compie una cattiva azione, perché Dio stesso creò alcuni per essere divorati ed altri per divorare!”

Fonte web: http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu05.htm

Anche il versetto successivo afferma: “Il consumo di carne (è appropriato) durante i sacrifici, essendo una prescrizione decretata dagli dei.” (Manusmriti, capitolo 5, versetto 31)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu05.htm

Ancora la Manusmriti (più opportunamente chiamata Manavadharmasastra) dichiara: “Svayambhu (il Sussistente) stesso creò i sacrifici animali… Perciò, immolare (le bestie) non è un atto di macellazione (nel senso ordinario del termine).” (Manusmriti, capitolo 5, versetti 39 e 40)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu05.htm

Altresì, la Manusmriti narra il potere supremo del sacrificio animale: “ (Un Brahmino) nato due volte che conosce il vero significato dei Veda, e compie sacrifici animali con quest’intenzione (Vedica), sospinge sé stesso e l’animale ad entrare in uno stato di maggiore benedizione.” (Manusmriti, capitolo 5, versetto 42)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu05.htm

Tra le scritture Indù, i Veda sono considerati i più antichi ed i più sacri. I Veda citano il cibo non vegetariano:

“Allora io, quando guido i miei amici a combattere i gioiosi atei, preparo per te a casa un vigoroso vitellone, e ti verso per quindici volte dei forti succhi” (Rig Veda, Libro 10, Inno 27, versetto 2)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10027.htm

Anche nel Rig Veda, Libro 10, Inno 28, versetto 3, è detto: “O Indra, forte, dell’allietante Soma più ne bevi. I tori sono preparati per te, e di questa (carne) tu più ne mangi quando Maghavan (Indra) t’invita al banchetto.”

Nel Rig Veda, Libro 10, Inno 86, versetto 13, è detto:

“Indra mangerà i tuoi buoi, la tua preziosa offerta che vale molto. Indra è a tutti supremo.”

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10086.htm

Questi versetti indicano che Indra, un dio del periodo Vedico, mangiava carne. Ad un’altra divinità dell’epoca Vedica, Agni, ci si riferisce nei Veda coll’appellativo di “mangiatore di carne.” Per esempio, nel Rig Veda, Libro 10, Inno 16, versetto 10, è detto:

“Io scelgo di adorare il Dio Padre Agni, il mangiatore di carne, colui che è presente all’interno delle vostre abitazioni.”

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10016.htm

È menzionato nel Rig Veda, Vivah Sukta (“Gli Inni al matrimonio”) che durante i festini nuziali agli invitati era offerta la carne. “Nei giorni di Magha i buoi sono uccisi, mentre in Arjuni* maritano la sposa” (Rig Veda, Vivah Sukta, Libro 10, Inno, 85 versetto 13)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10085.htm

(* Nell’astrologia Indù, il Jyotish, è il nome della doppia costellazione di stelle, dal Sanscrito Arjuna “brillante, argento colorato.” Fonte web:  http://en.wikipedia.org/wiki/Phalguni)

L’Athara Veda dà l’impressione che il latte e la carne di vacca siano molto gustosi fra tutti i cibi. È riportato nell’Inno 6 (Una glorificazione tipica del sacrificio bovino) del libro 9:

“Un uomo non dovrebbe mangiare di fronte all’ospite se è un Brahmino versato nelle sante tradizioni. Dopo che l’ospite ha mangiato, lui dovrebbe mangiare. Questa è la regola per l’animazione del sacrificio e per la preservazione della sua continuità. La porzione più dolce, un prodotto della mucca, del latte o della carne, sicuramente non dovrebbe mangiarlo (davanti all’ospite) ” (Athara Veda, Libro 9, Inno 6, versi 37-38-39)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/av/av09006.htm

Nel Mahabharata, nel Libro intitolato Shanti Parva (il Libro della pace), si narra che il grande re Rantideva era veramente ricco e generoso, e offriva dei pasti di succulenta carne a migliaia d’ospiti:

“Nel palazzo di Rantideva, tutti i vasi e i piatti, che contenevano cibo e altri articoli, come pure tutte le brocche e le pentole, i tegami, i piatti e le tazze, erano d’oro. Durante quelle notti in cui gli ospiti restavano nella dimora di Rantideva, ventimila e cento vacche dovevano essere macellate. Ancora una volta, in tali occasioni, i cuochi, adorni da orecchini, proclamavano (tra coloro che sedevano a cena): “C’è zuppa abbondante, prendetene quanto ne volete; ma di carne oggi non ne abbiamo tanta come nelle precedenti occasioni.” (Mahabharata, Libro 12 – Shanti Parva, sezione 29, pagina 60)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/m12/m12a029.htm

Questo dimostra che anche dopo la macellazione di 20.100 vacche, la carne era insufficiente in alcune occasioni.

La predilezione per il cibo d’origine animale rispetto a quello vegetariano si ritrova in un gran numero di citazioni.

Il Mahabharata, nel libro intitolato “Anushashan Parva” (il Libro degli insegnamenti), narra una discussione tra Dharmaraj Yudhishthira e Pitamah Bhishma sul cibo da offrire ai Pitris (antenati) durante la Shraddha (ceremonia mortuaria) per renderli soddisfatti:

“Yudhishthira disse, ‘O tu il Potentissimo, raccontami qual è l’oggetto che, se offerto ai Pitris (spiriti degli antenati morti) li soddisfa perennemente! Quale Havi (l’offerta sacrificale pura) data in offerta sopravvive per sempre? Quale dono (se presentato) diviene davvero eterno?’”

“Bhishma disse, Ascoltami, O Yudhishthira, quali sono queste Havi che i praticanti dei rituali della Shraddha (la cerimonia funebre) considerano adatte per la stessa Shraddha, e quali sono i frutti che devono accompagnarla. Dei semi di sesamo, di rizo, d’orzo, di masha (piselli), d’acqua, di radice, e dei frutti offerti durante le Shraddha, i Pitris, O mio re, rimangono soddisfatti per un mese. … Dei pesci offerti nelle Shraddha, i Pitris restano soddisfatti per due mesi. Della carne di montone o di pecora offerta, si accontentano per tre mesi. Della carne di lepre per quattro mesi. Delle offerte di carne caprina, O re, restano gratificati per cinque mesi. Della pancetta affumicata (carne di maiale) per sei mesi, e dei volatili per sette mesi. La carne di cervo e di daino chiamata Prishata, li soddisfa per otto mesi, e quella ottenuta dai Ruru (Antilope picta) per nove mesi, mentre la carne di gavaya (vacca selvatica) per dieci mesi.

Delle offerte di carne di bufalo indiano, sono gratificati per undici mesi. Le offerte di manzo presentate durante la Shraddha, soddisfano i Pitris per un anno intero. La Payasa (riso bollito con latte e zucchero) mischiata al ghi (burro chiarificato) è altrettanto accettabile dai Pitris al pari del manzo. La carne di Vadhrinasa (un grande toro) aggrada i Pitris per dodici anni. La carne di rinoceronte offerta ai Pitris durante la commemorazione nel giorno lunare della loro morte, diventa inesauribile. L’erba aromatica chiamata Kalasaka (Corchorus capsularis o Rumex visicarius), i petali del fiore Kanchana (Bauhinia acuminata), e la carne (rossa) di capra, così offerta, si rivela infinita.” (Mahabharata, Libro 13 – Anushashan Parva, sezione 88, pag. 144-145)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/m13/m13b053.htm

Così, se si vogliono soddisfare gli antenati per sempre, si deve offrirgli la carne rossa di capra.

Lo stesso messaggio si ripete nella Manusmriti, capitolo 3, versi 266—272.

“266. Adesso, dichiarerò pienamente le prescrizioni sul tipo di cibo sacrificale che deve essere offerto agli spiriti dei defunti per poterli servire per lungo tempo o per l’eternità.

  1. Gli antenati degli uomini sono soddisfatti per un mese con chicchi di sesamo, di riso, d’orzo, con fagioli masha, acqua, radici e frutti, che sono donati secondo le regole prescritte.
  2. Due mesi con il pesce, tre mesi con la carne di gazzella, quattro con la carne di montone o di pecora, e cinque con la carne d’uccelli,
  3. Sei mesi con la carne di capretto, sette con quella di cervo maculato, otto con quella d’antilope nera, nove con quella di (cervo chiamato) Ruru.
  4. Dieci mesi sono soddisfatti con la carne di cinghiale e di bufalo, undici mesi con quella di lepre e di tartaruga.
  5. Un anno con il latte di mucca e col latte di riso; la carne di capra bianca dalle orecchie lunghe li soddisfa per dodici anni.
  6. Il (vegetale chiamato) Kalasaka, il (pesce chiamato) Mahasalka,la carne rossa di rinoceronte e di capra, e tutti i tipi di cibo mangiati dagli eremiti nella foresta hanno una funzione infinita.”

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu03.htm

Durante la Shraddha (la cerimonia funebre) ci si attende dai preti Brahmini che mangino carne. La Manusmriti istruisce gli Indù a servire cibo non vegetariano ai preti, cioè ai Brahmini. È detto nel capitolo 3, versetti 226 e 227:

“Purificato e con una mente concentrata, lui dovrebbe deporre al suolo (ai Preti) cibi stagionati come le zuppe e i vegetali, ma anche il latte, lo yogurt, il burro chiarificato, il miele e i vari cibi che sono gustati durante la masticazione, le radici e i frutti, le carni gustose, e l’acqua fragrante.” (Manusmriti, capitolo 3, versetti 226 e 227).

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu03.htm

Le scritture Indù non solamente incoraggiano un’alimentazione onnivora, ma in alcuni punti obbligano gli Indù a nutrirsi di carne. Se qualcuno rifiuta il cibo non vegetariano, dovrà subire delle conseguenze secondo le scritture Indù. Nel Vishnu Dharmottar Puran, Libro 1, capitolo 140, versi 49-50, è detto: “Quelli che non mangiano la carne, hanno servito la cerimonia del morto (Shraddha), ed andranno all’inferno (Narak).”

E la Manusmriti mette in evidenza le punizioni più violente. Ecco il testo:

“Un uomo che officia un rituale, o cena presso un cerimoniale, ma rifiuta di mangiare la carne, dopo la sua morte diverrà un animale sacrificale per ventuno rinascite.” (Manusmriti, capitolo 5, versetto 35)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu05.htm

“LA VACCA NELL’INDUISMO: MITO E REALTÀ”

Questa ricerca ha dimostrato che i testi religiosi Indù consentono di mangiare la carne bovina, ma c’è dell’altro. Un vero seguace delle scritture Indù deve essere consapevole che il manzo appartenne ai riti religiosi Vedici, dal principio alla fine della sua epoca storica, ed anche alla “Shraddha Karma”.

Ai tempi dell’indipendenza dell’India vi fu una lunga catena d’agitazioni contro la macellazione della mucca, perché la mattazione era un fenomeno generalizzato. Un gran numero di risoluzioni contro la macellazione delle vacche fu emanata, e si fecero degli immensi sforzi per dimostrare che nel Subcontinente Indiano la mucca sia stata sempre venerata. La macellazione della mucca divenne così un crimine.

Ci sono una serie d’illustrazioni nella letteratura Sanscrita antica, che dimostrano che la vacca non fu solamente sacrificata nei Yagya (sacrifici), ma il suo manzo fu anche servito agli ospiti e agli studiosi Vedici in segno di rispetto. Probabilmente, questo è il motivo per cui il filosofo che ha fatto conoscere l’Induismo al mondo occidentale, Swami Vivekananda, scrisse:

“Sarai sorpreso di sapere che in base agli antichi riti e rituali Indù, un uomo non può essere un buon Indù se non mangia la carne bovina…” (Swami Vivekananda, The complete works of Swami Vivekananda, Calcutta: Advaita Ashrama, vol. 3, pag. 536)

A pagina 174 dello stesso libro Swami Vivekananda dichiara: “Ci fu un tempo in India che se un Brahmino si asteneva dalla carne bovina non era considerato tale.”

Un certo numero d’illustrazioni nell’antica letteratura Sanscrita, esorta a servire la vacca sacrificata nei Yagya ed il suo manzo, agli ospiti importanti e agli studiosi Vedici. Nei Veda, c’è una descrizione dettagliata del rito sacrificale della mucca detto “Gomedh Yagya.” Questo Yagya è descritto ampiamente nell’antica e famosa enciclopedia Sanscrita il “Shabda Kalpadrum”:

“YAJ VISHESHAH ATRA ESTRIGOPASHUH MANTRESHU ESTRILINGPATHET TASYA LAKSHANAM – SATPASHLATWA – NAY SHAFATWA- BHAG SHRINGATWA – KANATWA – CHHINNKARNTWA- DIDASHRAHITYAM. TASYA PRAYOGAH SARVO API CHHAGPASHUAWAT. YAJMAMSYA SWARGAH FALAM GOSCHA GOLOKO PRAPTI.”

“Questo è uno speciale Yagya. In questo Yagya, la vacca è sacrificata. In questo ‘mantra’ la parola ‘go’ è usata per indicare la mucca, e non il bue o il vitello, perché il versetto implica il genere femminile. In questo Yagya, la vacca degna di esser sacrificata deve avere sette o nove zoccoli. Le sue corna devono essere intatte. Non dovrebbe essere né orba, né senza orecchie. Dovrebbe essere trattata come una capra. L’esecutore del ‘Gomedh Yagya’ raggiunge il cielo, e la mucca sacrificata in questo Yagya va al “Golok (dimora divina).”

La descrizione del “Gomedh Yagya” nel “Shabda Kalpadrum” demolisce le asserzioni degli avversari della mattazione. L’enciclopedia Sanscrita “Shabda Kalpadrum” è stata pubblicata da Lal Bahadur Shastri Sanskrit Vidyapith, New Delhi and National Sanskrit Research Centre, New Delhi in collaborazione con la “Human Resources & Development Ministry, Government of India.”

I Veda e gli altri libri religiosi Indù santificano l’assunzione di manzo. Da dove nasce questa goffa opposizione? Bisogna accettare la verità, e comprendere profondamente che la mucca può essere ritenuta una madre, mentre i Veda e le altre scritture Indù celebrano il suo sacrificio e l’ingestione di carne bovina. Avrebbero dovuto opporsi a questa cospirazione che rese la vacca venerabile. Sfortunatamente, ciò non accadde.

Il rito sacrificale della mucca, del cavallo, della capra e d’altri animali secondo il Yagya, è descritto dettagliatamente nell’AITAREYA BRAHMANA DEL RIG VEDA:

“UDICHINA ASYA PADO NIDHTTAT SURYA CHAKSHURGAMYATATT WATAM PRAMMANV VASRIJTAT ANTRIKSHAMASAM DISHAH SHROTRAM PRITHIVIM SHARIRMITYESHWAIWAIN TALOOKESHWADDHATI.

EKDHAASYA TWACHAMACHCHH YATTATAM PURANABHYA APISHASOMU WAPAMUTIKHADATA DANTREVOSHMANAM WARYDHADITI PASHUSHVEV TAT PRANANAM DADHOTI.

 SHAYENMASYA VAKSHAH KRINUTAAT PRASANSHA BAHUSHALA DOSHNI KASHYEWANSACHICHHDRE SHRONI KAWSHORUSTEKPARUNADASHTHIWNA KSHARVINSHATIRUSYAWADD KRAYAFU ANUSTHYO CHAYAWYATAD GAATRAM GAATRAMASYA NUNE KRINUTADETYAMGAANYEWATYA TAD GAATRANI PRINAATI… UWADHYAGOHAN PARTHIWAM KHANTAD… ASNA RAKSHA SAMSRIJATADITYAH”

“Girare i suoi piedi verso nord. Offrire i suoi occhi al sole, il suo respiro all’aria, la sua forza vitale (pran) allo spazio, il suo potere auditivo alle direzioni ed il suo corpo alla terra. In questo modo, il sacerdote raccomanda l’animale al ‘parlok’ (cielo).

Scortica interamente la sua pelle. Perfora la membrana dei suoi intestini prima di tagliare il suo ombelico. Così, il sacerdote infonde il respiro negli animali.

Adesso, taglia un pezzo del suo torace a forma d’aquila, due pezzi delle sue braccia a forma d’ascia, due pezzi delle sue gambe a forma di seme di riso, la parte intatta della sua schiena, due pezzi delle sue cosce a forma di scudo, due pezzi delle sue due ginocchia a forma di foglie e le sue 26 costole. Ogni sua parte deve essere custodita. Scavare una fossa per nascondere i suoi escrementi. Offri il suo sangue agli ospiti.”

(AITAREYA BRAHMANA OF THE RIG VEDA – 2/6/6)

L’AITAREYA BRAHMANA descrive ulteriormente il criterio distributivo delle svariate parti dell’animale alle diverse categorie di sacerdoti Indù nel modo seguente:

“La distribuzione delle varie parti degli animali sacrificati dovrebbe avvenire in questa maniera: entrambe le ossa della sua mascella dovrebbero essere date al ‘Prastota’, il sacerdote presentatore; un pezzo di torace d’aquila dovrebbe essere dato al ‘Udgata’ (il cantore del Samaveda); la sua gola ed il suo palato al ‘Pratiharta’ (il cantore del Pratihara, un inno del Samaveda); la parte destra della sua schiena al ‘Hotri’ (recita gli inni del Rig Veda); la parte sinistra al ‘Brahman’ (prete specialista); la sua coscia destra al ‘Maitravirun’; la sua coscia sinistra al ‘Brahmanachchhansi’ (uno dei sedici preti impiegati nei sacrifici); la parte adiacente della sua spalla destra al ‘Adhvaryu’ (compie materialmente i sacrifici cantando gli incantesimi tratti dallo Yajurveda); la parte adiacente della sua spalla sinistra dovrebbe essere data ai co-pronuncianti (Upgata) del ‘mantra’; la sua spalla sinistra dovrebbe essere data al ‘Pratiprasthata’ (l’assistente prete dell’Adhvaryu); la parte inferiore del suo braccio destro dovrebbe essere data al ‘Neshta’ (assistente prete dell’Adhvaryu) e la parte inferiore del suo braccio sinistro dovrebbe essere data al ‘Pota’ (assistente dei preti Brahman).

Allo stesso modo, la parte superiore della coscia destra dovrebbe essere data al ‘Achchhavak’ (un prete di terza posizione); la parte superiore della coscia sinistra al ‘Agnidhar’; la parte superiore del suo braccio destro è data ad un membro (del Yagya); la sua spina dorsale ed il grembo si dovrebbe darlo all’esecutore del Yagya; la sua gamba destra deve essere data al ‘Grihpati’ (il capo famiglia); la sua gamba sinistra per la moglie del ‘Grihpati’; Il labbro superiore deve essere dato ugualmente al ‘Grihpati’ e a sua moglie; danno la coda dell’animale alla moglie del ‘Grihpati’, mentre dovrebbe essere data ad un Brahman.

Ugualmente, il suo becco dovrebbe essere dato al ‘Gravastut’ (recita a memoria solo delle lodi alle pietre); la metà della sua schiena carnosa dovrebbe essere data al ‘Unneta’; la metà della parte carnosa del suo collo e una porzione del suo orecchio sinistro dovrebbe esser data all’abbattitore del mattatoio, ma se il macellatore dell’animale non è un Brahman, le parti dovrebbero esser date ad un Brahman. La testa deve essere offerta a ‘Subrahmanyam’ (secondo figlio di Shiva e Parvati).”

“Le parti complessive degli animali sacrificati sono trentasei. Ogni pezzo simboleggia un passo dei versi pronunciati nel Yagya. Così, l’esecutore del Yagya, dividendo l’animale sacrificato in 36 pezzi, ottiene in questo mondo dei favori e va in cielo.”

“La gente che distribuisce gli animali sacrificati nel suddetto modo, va in al cielo. Invece, coloro che non seguono questa procedura, peccano.”

La suddetta illustrazione suggerisce che per l’Indù desideroso di andare in cielo, il sacrificio animale fu una parte essenziale dei suoi riti religiosi. Così, queste offerte ebbero una ritualizzazione. Solamente i seguaci della summenzionata prassi sacrificale furono certi di raggiungere il cielo. Il sacrificio animale appartenne ai cerimoniali religiosi Indù, e se un induista li respinge, ripudia le proprie scritture religiose.

Anche il Rig Veda celebra il sacrificio della vacca. Ispirati da Indrani (la moglie di Indra) gli esecutori dei Yagya sacrificano 15 o 20 mucche:

“GHASATTA INDRAUKSANAH PRIYAM KACITKARAM HAVIRVISVASMADINDRAUTTARAH UKSHNO HI ME PANCHDASH SAKAM PACHANTI WINSHATIM, UTAHAMADMI PIVA IDUBHA KUKSHI PRNANTI ME VISHWASMADINDRAUTTARAH.”

“Indra mangerà i tuoi buoi, la tua preziosa offerta che vale molto. Indra è a tutti supremo. Quindici o venti bovini, allora, per me una ventina di vitelloni preparano, e io divoro da loro il grasso, e mi riempio la pancia. Indra il Supremo, è sopra ogni cosa.” (Rig Veda, Libro 10, Inno 86, verso 13-14)

Fonte web: http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10086.htm

Nella mitologia Indù, Indra è noto come il re degli dei. Indra ammette che la sua rotondità dipende dall’assunzione di carne bovina. Se cibarsi di manzo è giustificato da Indra, come non può esserlo per i suoi seguaci?

Un mantra del Rig Veda precisa che nell’antica India la macellazione dei buoi era un fenomeno comune:

“MITRAKRUWO YACCHASANE NA GHAWAH PRITHIVYA APRIGHAMUYA SHAYANTI”

“O Indra, hai attaccato il demone sconfiggendolo e oltraggiandolo per sempre? Quando le persone perfide giaceranno distese a terra come il bestiame bovino al mattatoio?” (Rig Veda, Libro 10, Inno 89, verso 14)

http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10089.htm

Analizzando il “Vivah Sukta” (“Gli Inni al matrimonio”) del Rig Veda, il Dott. V.M. Apte commenta a pag. 387 del libro intitolato “The Vedic Age”, un’opera pubblicata sotto l’egida dell’Istituto d’arte e cultura Indiana “Bharatiya Vidya Bhavan” di sede in Gran Bretagna, il seguente versetto:

“GH YAMASYA MATA PARYUHYAMANA MAHO JAYA VIVASVATONANASA”

“La madre di Yama, sposa del grande Vivasvan, svanì conducendolo nella sua abitazione” (Rig Veda, Libro 10, Inno 17, verso 1)

Fonte web: http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10017.htm

Secondo l’antica tradizione matrimoniale, era abituale che lo sposo si recasse presso l’abitazione della sposa (Libro 10, Inno 17, verso 1) dove si consumava il cibo della festa nuziale. In quell’occasione, gli ospiti erano serviti con del manzo macellato allo scopo (Rig Veda, Libro 10, Inno 85, verso 13). Ecco il versetto:

“SURYAYA VAHATUH PRAGHAT SAVITA YAMAVASRJAT AGHASUHANYANTE GHAVO. ARJUNYOH PARYUHYATE”

“Le nozze pompose di Surya (Sole), che Savitar* cominciò, muovendosi insieme. Nei giorni di Magha i buoi sono uccisi, in Arjuris loro maritano la sposa.” (Rig Veda, Libro 10, Inno 85, verso 13)        * Savitar, dio vedico solare e guida dello yoga.

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10085.htm

Nell’indice Vedico, Vol. 2, pagina 145, è detto: “In occasione delle nozze, i buoi erano macellati per la festa.” Questo fatto è anche confermato a pag. 374 del “Dizionario Vedico” della Banaras Hindu University and the Rig Veda. [Libro 10, Inno 85, verso 13]

Il grasso bovino era utilizzato per cospargere il corpo umano nei riti mortuari degli Indù. Il Rig Veda conferma chiaramente questo fatto:

“AGHNERVARMA PARIN GHOBHIRVYAYASWA SAM PRORNUSHWA PIWSAMEDASA CHA”

“Proteggi assolutamente la tua carne dalle fiamme di Agni (con ‘godharma’: norma del bestiame bovino). Avvolgiti con grasso e midollo…” (Rig Veda, Libro 10, Inno 16, verso 7)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv10016.htm

Il “Dizionario Vedico” della Banaras Hindu University afferma: “La macellazione della vacca era necessaria per i funerali (Dah Sanskar) degli umani. Segue la descrizione dell’avvolgimento del defunto col grasso ed il midollo bovino.” Mukandilal scrisse a pag. 18 del suo libro “Cow Slaughter – Horns of a dilemma” (La macellazione della mucca – Le sirene di un dilemma):

“Nell’antica India, la macellazione della vacca era un segno di buon auspicio in occasione d’alcune cerimonie. La sposa e lo sposo sedevano sulla pelle di un bue rosso di fronte al “Vedi” (altare). Mentre la carne di quel bue macellato era mangiata, la sua pelle era usata per l’occasione. Ugualmente, al momento dell’incoronazione, il re era solito sedere sulla pelle di un bue rosso.” La carne cotta di un bue era offerta ad Indra per renderlo lieto, in modo che egli potesse benedire l’offerente con chicchi di cereali. È detto nel Rig Veda:

“ADRINA TE MANDINA INDRA TUYAN SUNWANTI SOMAN PIBASI TWAMESHAM, PACHANTI TE VRSHABHANATSI TESHAM PRIKSHEN YANMAGHWAN HUYAMANAH.”

“O Indra, il potente! Ti allieti bevendo il Soma preparatoti (eseguendo l’havan). I tori sono conditi per te, e tu ne mangi, Maghavan, quando sei invitato.” (Rig Veda, Libro 10, Inno 28, verso 3)

Fonte web:  http://www.hinduwebsite.com/sacredscripts/rig_veda_book_10.asp

(Maghavan significa in Sanscrito il generoso Indra. Maga nel Persiano Avestico e magha in Sanscrito significa essere generoso. Magh, mogh e magog divennero prete nel Persiano Sassanide. L’Havan è la sacra offerta fatta dai devoti ad Indra col fuoco del dio Agni. L’havan è descritto dettagliatamente al seguente link:  http://en.wikipedia.org/wiki/Havan)

Nel Rig Veda è citato un re di nome “Divodas Atithigva” (Libro 4, Inno 26, verso 3); ma nel Libro 7, Inno 19, verso 8, l’attributivo “Atithigva” è usato al suo posto. Il significato di quest’attributivo è “la macellazione delle mucche per gli ospiti.” Il suffisso gva indica la tendenza, il gradimento. (Dizionario Vedico, pag. 374).

http://en.wikisource.org/wiki/The_Rig_Veda/Mandala_7/Hymn_19

Esiste anche una descrizione nello Yajurveda, in cui si afferma che il grasso bovino era offerto dai devoti Indù per soddisfare i loro antenati defunti, ed in cambio, ottenevano l’esaudimento dei loro desideri.

“WAH VAPAM JATTVEDAH PITRITHYO YTRAINANVETATHNIHITANPARAKE MEDASAH KILYA UPP TANSTRAWANTU SATYA ESHAMASHISHAH SANNAINTAN SWAHA”

“Porta (in offerta) il grasso bovino agli antenati, O Jâtavedas, dove, lontano, tu sai, essi dimorano. Permetti che il flusso di midollo li incontri, e che i loro sinceri desideri si compiano.” (Yajurveda bianco, libro 35, verso 20)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/wyv/wyvbk35.htm

Il Shatpath Brahmana (Kanda 3, Adhayaya 4, Brahman 1, Shaloka 2) menziona che un grande bue (Mahoksh) dovrebbe essere ucciso per l’ospite.

“Il motivo per cui è chiamato offerta all’ospite. Il rilevato Soma, arriva come il suo (sacerdote sacrificatore) ospite, a lui (è offerta) quella (ospitale accoglienza): proprio come per un Re o un Brahmino si cucinerebbe un gran bue o un caprone. Questo è umano (far mangiare bene un ospite), e l’oblazione è agli dei – così prepara per lui quell’offerta all’ospite.”

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/sbr/sbe26/sbe2615.htm

Il Taittiriya Brahmana (2/7/11/1) narra che un esecutore di Yagya, il cui nome era Agasta, sacrificò cento buoi. Questo fatto è anche citato nel “Panchvinsh o Tandya Brahmana” (21/14/5). Nel Shatpath Brahmana è descritta una controversia sacerdotale riguardante la scelta tra la carne di vacca o di bue che “Yagnavalkya” risolve nel modo seguente:

“ASHNMUYEW AHAM ANSALAM CHEDDA BHAWTITI”

“Mangia la carne che è più tenera” (Shatpath Brahmana, Kanda 3, Adhayaya 1, Brahman 2, Shaloka 21)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/sbr/sbe26/sbe2604.htm

Alcune persone hanno un’opinione differente sul significato della parola “Gomedh.” Sostengono che il suo vero significato non sia “macellazione di vacche”; ma “allevamento di vacche.” Questa tesi non regge, perché c’è una descrizione particolareggiata sul taglio delle parti della mucca e della loro distribuzione tra i sacerdoti Indù. Questa descrizione è fatta nei Brahmana, i libri religiosi più autentici dell’Induismo. A sostegno delle loro argomentazioni queste persone citano i “mantra” dei Veda, in cui la mucca è menzionata con l’aggettivo “Aghanya” (non essere macellata); tale opinione è inaccettabile perché nei “mantra” Vedici riferiti da queste persone, solamente un particolare tipo di vacca non può essere uccisa, e questo criterio non vale per tutti i tipi di vacche. È detto nel Rig Veda:

“DUHAMASVIBHYAM PAYO AGHNYEYAM SA WARDHATAM MAHTE SAUBHAGHAYA”

Possa questa mucca dare il suo latte per i due Ashwinikumar (divinità gemelle), possa lei (la vacca) migliorare la nostra fortuna. (Rig Veda, Libro 1, Inno 164, verso 27)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/rigveda/rv01164.htm

Qui, il termine “Imam” indica un tipo particolare di mucca. Il “Dizionario Vedico” della Banaras Hindu University sostiene che le vacche furono uccise, non importa che furono chiamate “Aghanya.” Un famoso studioso di scritture, il Dott. Pandurang Vaman Kane, dichiara:

“Quello non fu il solo caso. Il ‘Vajsaneyi Samhita’ santifica il consumo di manzo perché è puro.” (Dharmashastra Vichar Marathi, pagina 180).

L’assunzione di carne bovina era comune nell’età Vedica che è definita da Swami Vivekananda “L’età dorata” della storia Indiana.

Swami Nikhilananda, il biografo di Swami Vivekananda, scrisse:

“Lo Swami ricordò loro coraggiosamente dell’uso di mangiare carne nei tempi Vedici. Un giorno, quando gli chiesero quale periodo considerasse più glorioso nella storia dell’India, lo Swami indicò il periodo Vedico quando “cinque bramini divoravano una mucca”. Egli sosteneva che gli Indù dovevano nutrirsi di cibo animale se volevano essere all’altezza del resto del mondo, dove vigeva la regola del più forte, per trovare un posto tra le altre grandi nazioni, dentro o fuori l’Impero Britannico.” (Swami Vivekananda – A Biography by Swami Nikhilananda, pag. 53). Fonte web:

http://www.vivekananda.net/PDFBooks/BiographybyNikhilananda.pdf

Anche le Upanishad incoraggiano l’ingestione di manzo.

“ATHA YA ECHCHHATEPUTRO ME PANDITO VEGITAH SAMTINGAM SHUSHRUSHITAM VACHAM BHASHITA JAYETI. SARVANVEDANNUBABREET SARVAMAYURIYADITI MANSAUDANAM PACHYITWA SARPISHMANT AMSHANIYYATUMISHAWARO JANYITWA ANKSHEN WARSHVEN WA.”

“Se un uomo desidera che un figlio, non ancora nato, sia un grande oratore o un grande studioso di Veda, e che viva 100 anni, dovrebbe mangiare insieme a sua moglie della carne di toro o di bue mischiata col ghi (burro chiarificato) e col bhat (riso). Entrambi devono mangiarla ed essere in grado di avere una progenie. La carne deve essere di un giovane o di un vecchio torello.” (Brihadaranyaka Upanishad, 6 Adhyaya, 4 Brahmana, verso 18). Fonte web:

http://www.hinduwebsite.com/sacredscripts/hinduism/upanishads/brihad.asp#adh6

Alcune persone hanno cercato di cambiare il significato delle parole “AUKSHA” e “AARSHABH”, utilizzate per indicare il bue o il toro. Alcuni studiosi attribuiscono questi termini ad erbe medicinali. In realtà, i loro sforzi oltre a scontrarsi colle opinioni degli antichi commentatori, sono anche ridicoli.

Adi Shankaracharya, un importante filosofo indiano nonché il più famoso esponente della scuola di pensiero dell’Advaita Vedanta, scrive nel suo commentario alla Brihadaranyaka Upanishad, Adhyaya 6, Brahmana 4, verso 18:

“MANSMISHRIOMODANAM MANSAUODNAM. TANMAMSANIYAM ARTHMAHAUKSHEN WA MANSEN UKSHA SEWANSAMARTHA PUNGWASTDIYAM MANSAM. RISHBHASTETATOAPYADHIKVYAST DIY MA SHA BHAM MANSAM.”

“Odan (il riso) misto alla carne è detto “Mansodan.” Alla domanda su come dovrebbe essere la carne, egli rispose “UKSHA”. “Uksha” è un termine usato per un bue in grado di produrre sperma. Perciò, suggerisco ai fratelli Indù desiderosi di conoscere la verità riguardo all’assunzione di carne bovina, la lettura del commentario fatto da Adi Shankaracharya alla Brihadaranyaka Upanishad, perché alimentarsi di manzo fa parte del vero spirito dell’Induismo.”

Nell’Apastamba Grhyasutra è detto:

“Quando uno studioso Brahmino di Veda, uno studente o un insegnante visita la casa di un uomo, quest’ultimo dovrebbe accoglierlo cordialmente con ‘MADHUPARK’. Se lo permette, dovrebbe sacrificare per l’ospite una vacca recitando dei mantra.” (Apastamba Grhyasutra, Prasna 13, Patala 5, Khanda 15-17)

Alcuni studiosi Indiani suppongono che nel “MADHUPARK” (una cagliata di miele e ghi mescolati insieme) offerti allo sposo, non ci sia la carne bovina. La loro argomentazione è senza fondamento e cozza contro il Grhyasutra. In questo contesto, il Manava Grhyasutra (1/9/21) spiega che il “MADHUPARK non può essere senza carne. Questo è stato detto nei Veda.”

(Manava-grhyasutra; a Vedic manual of domestic rites; traduzione a cura di Mark J Dresden, edizione in lingua inglese, Editore Groningen, Batavia, J.B. Wolters, 1941)

Bhavabhuti (sec. VIII d.C.), drammaturgo indiano, studioso di Sanscrito e scrittore, discendente da una grande famiglia Brahmanica, narra nel “Uttar Ram Charitam” (o Uttaramacarita – Le ultime avventure di Rama):

“Quando il saggio Vashishtha visitò l’ashram di Valmiki (l’autore del Ramayana), fu servito con carne di vitella. Alla visione, “Saudhatin”, un discepolo di Valmiki, si arrabbiò molto. Raccontò al suo discepolo Bhandayan che Vashishtha è simile ad una tigre o un lupo, perché mangiò la povera vitella. Al che Bhandayan rispose:

“SAMANSO MADHUPARKA ETYAMANAYAM BAHUMANYA MANAH SHROTRIYABHYAGATAYA WATSARIN MAHOKSHAM MAHAJAM WA NIRWAPANTI GRIHMEDHIN, TAM HI DHARMSUTRAKARAH SAMAMNANTI”

“Il MADHUPARK deve includere la venerazione della carne secondo le istruzioni Vediche, allorquando le famiglie offrivano una vitella, un grande toro o una capra agli ospiti.”

(Uttar Ram Charitam, parte 4, capitolo Vishakambhak)

Ecco perché la Manusmriti conferma di mangiare la carne santificata dai Veda:

“Un Brahmino non deve mangiare mai la carne non santificata dai mantra; ma obbedisce alla legge primordiale se la mangia consacrata con i testi Vedici.” (Manusmriti, capitolo 5, verso 36).

Fonte web: http://www.hinduwebsite.com/sacredscripts/hinduism/dharma/manusmriti_1.asp

Ed ancora:

“In occasione di un sacrificio in onore degli antenati (spiriti), egli deve (ai suoi ospiti) far ascoltare i Veda, gli Istituti del diritto sacro, le leggende, i racconti, i Purana e i Khilas” (Manusmriti, capitolo 3, verso 232)

Fonte web:  http://www.hinduwebsite.com/sacredscripts/hinduism/dharma/manusmriti_1.asp

Per molti anni si è tentato di cambiare il significato dei vocaboli “Mahoksham” (grande toro) e “Mahajam” (grande capra) usati nella Smriti dandogli il senso d’erbe medicinali. In alcuni casi riuscirono nella loro impresa, ma non è possibile cambiare il concetto delle summenzionate parole in tutta la letteratura Sanscrita. Ecco perché, nel “Uttar Ram Charitam” di Bhavabhuti, i termini “Mahoksha” e “Mahaj” non indicano le erbe medicinali, ma la vitella, un grande bue o una grande capra, rispettivamente.

Il manzo era servito anche in occasione della “Shraddha Karma.” Nel “Apastamba Dharmasutra” è detto:

“SANTASARAM GAVYEN PRITI, BHUYAMSAMTTO MAHISHEN ETTEN GRAMYARKHYANAM PASHUNAM MANSAM MEDHYAM VYAKHYATTAM. KHARGOPASTREN KHARGAMANSENANTYAM KALAM. TATHA SHERTBALERM ARTSYASYES MANSEN WAGHRINSASYA CHA”

“Gli antenati sono appagati per un anno se il manzo è servito nella loro ‘Shraddha’, e sono appacificati per più anni se la carne di bufalo è servita nella loro ‘Shraddha.’ Lo stesso concetto è applicabile alle carni di lepre, di capra, ecc… Se i Brahmini, seduti sulla pelle di un rinoceronte, sono serviti con la carne di rinoceronte, gli antenati saranno appagati per sempre. La stessa cosa è applicabile al pesce, chiamato ‘Shatbali’.”

(Apastamba Dharmasutra, 2/7/16/25 e 2/7/17/3. Esiste una traduzione in inglese a cura di George Bühler, Sacred Laws of the Aryas: Apastamba Dharmasutra, p. 159)

Il Mahabharata accetta pure l’opinione del “Apastamba Dharmasutra.” È detto nell’Anushana Parva (Libro degli insegnamenti) del Mahabharata:

“GAVAYEN DATTARN SHRADHE TU SANWATASARM IHOCHCHAYATTE”

“Gli antenati sono appagati per un anno giacché sono serviti con carni bovine in occasione della loro ‘Shraddha.’” (Mahabharata, Anushana Parva – Libro 13, Sezione 88, verso 5)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/m13/m13b053.htm

I Purana e la Smriti narrano di un uomo chiamato “Rikgaman.” “Rikgaman” significa trasformarsi in un animale per 21 rinascite. È detto nella legge di Manu:

“NIYUKTASTU YATHANYAYAM YO MANSAM NATTI MANWAH. SA PRETYA PASHUTAM YATI SAMBHAWANEKVINSHATEM”

“Un uomo che officia un rituale, o cena presso un rituale (Shraddha), ma rifiuta di mangiare la carne (Madhupark), dopo la sua morte diverrà un animale sacrificale per ventuno rinascite.” (Manusmriti, capitolo 5, versetto 35).

Fonte web: http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu05.htm

Disse Manu nella Manusmriti:

“Un Brahmino che non intenzionalmente avvicina… persone di casta bassissima, che mangia il cibo di tale persone (cioè non servito nella ‘Shraddha’ e nel ‘Yagya’) … diventa un reietto, un escluso, un fuori casta; ma se lo fa intenzionalmente diventa uguale a loro (della loro casta)”. (Manusmriti, Libro 11, verso 176).

Fonte web:  http://www.hinduwebsite.com/sacredscripts/hinduism/dharma/manusmriti_2.asp

Una simile opinione è espressa nel “Karma Purana” (2/17/40). Il “Vishnu Dharmotlar Puran” (1/140/49-50) afferma che chi rifiuta di mangiare la carne servita nella “Shraddha” va all’inferno. P.V. Kane, cita lo stesso concetto in “History of Dharmashastra”, vol. 3, pagina 1244.

Secondo il “Mahabharata”, nel Capitolo 9 (lo Shalya Parva), qualsiasi impero potrebbe essere distrutto dal “Yagya” se eseguito colla carne di manzo. Il Mahabharata narra la seguente storia:

Disse il Re Dhritarashtra al principe Dalvya Vaka. “Disgraziato di un Brahmino, prendi queste vacche morte, se ti fa piacere. Udite queste parole, il Rishi, che era pratico nelle competenze e nei doveri, disse: ‘Ahimè, che crudeli parole mi sono state rivolte nell’assemblea!’ Dopo aver riflettuto intensamente, il migliore dei Brahmini, che era incollerito, decise in cuor suo la distruzione di re Dhritarashtra. Tagliò la carne dagli animali morti, alla maniera migliore dei saggi, e accese un fuoco (sacrificale) sul tirtha del Sarasvati, poi versò quei pezzi come libagioni per la distruzione del regno di re Dhritarashtra.” (Mahabharata, Shalya Parva o libro di Shalya, [sezione 41, 8-14])

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/m09/m09041.htm

“Dalvya eseguì uno Yagya a ‘Avakirn’, un tirtha (luogo santo dove c’è acqua) sulla riva del fiume Sarasvati. Nel ‘havan’ offrì la carne di quelle vacche morte. Dopo il completamento di quel Yagya secondo le norme prescritte, l’impero di Dhritarashtra cominciò a vacillare.”

In un altro punto del Mahabharata, nel Capitolo 12, lo Shanti Parva (il libro della pace), è detto che il Re Vichakhy si inteneriva dinanzi alle mattazioni.

“Vedendo il corpo lacerato di un toro, sentendo gemere le mucche impaurite per il sacrificio (yagya) di una vacca, ed osservando i Brahmini crudeli che assistevano alle cerimonie, esclamò: ‘prosperità per tutte le mucche del mondo.’” (Mahabharata, Shanti Parva, [265/1-3])

Fonte web: http://www.sacred-texts.com/hin/m12/m12b092.htm

Il Mahabharata narra nel Capitolo 3, l’Aranyak Parva (il Libro della Foresta), che Rantidev, un pio e benevolo Re di razza lunare, devoto di Narayana, divenne famoso per donare in carità la carne bovina.

“Per la cucina del re Rantidev duemila animali furono macellati. Duemila vacche furono macellate ogni giorno; e, O migliore degli esseri rigenerati, il Re Rantideva acquisì una reputazione impareggiabile d’elargitore quotidiano di cibo e carne.” (Mahabharata, Vana Parva o Aranyak Parva, Sezione 207, pag. 431).

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/m03/m03207.htm

Dando dei chicchi di grano o di riso insieme alla carne in carità, raggiunse una fama impareggiabile. Questo breve studio permette di far capire anche ad un laico, che il Mahabharata celebra la donazione caritatevole di carne bovina. In questo modo, l’assunzione di manzo secondo il Mahabharata è un atto lodevole, e non condannabile come avviene oggi.

Alcune persone hanno frainteso il senso di questo verso. Sostengono che il suddetto versetto sia solo una parte dell’opera, o che sia stato aggiunto successivamente al Mahabharata. Per dissolvere la loro errata interpretazione, vorrei ricordare che tale versetto si trova nel capitolo 208 dell’edizione “Chitrashala”, e nel capitolo 199 dell’edizione della “Bhandarkar Oriental Research Institute.” L’autenticità di questo versetto è anche accettata dall’enciclopedia “ The History and Culture of the Indian People”, pubblicata dalla Bharatiya Vidya Bhavan, Bombay. È degno di nota che il redattore di quest’opera sia il noto storico R.C. MAJUMDAR. A pagina 578 del vol. 2 afferma: “È detto nel Mahabharata che Re Rantidev faceva uccidere giornalmente duemila animali oltre alle duemila mucche, in modo da poter dare la carne in carità.”

In un passo del Capitolo 12 del Mahabharata, lo Shanti Parva (il libro della pace), è detto di Re Rantidev:

“MAHANADI CHARMA RASHER UTAKALEDAT SUSRUVE YATTAH. TATASH CHARMANVATITY EVAM VIKHYATA SA MAHANADI”

“Le secrezioni (di sangue) che fluivano dalla pelle delle mucche (macellate nei sacrifici), producevano un fiume possente e celebre noto in questo giorno col nome di Charmanwati (o Chambal). Re Rantideva usò queste parti per farne dono ai Brahmini in un vasto recinto.” (Mahabharata, Shanti Parva, Sezione 29, verso 116, pag. 60)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/m12/m12a029.htm

Il grande poeta Kalidasa, nel suo poema epico il “Meghdutam” (la nuvola messaggera), dà un’immagine simile di Re Rantidev:

“VYALAMHETHAH SURBHITNYA ALAMBHJAM MANYISHAYAN SHROTOMRITYAM BHOOVI PARINTTRAM RANTIDEOSYA KRILIM”

“Oh Megh (nube), riveriamo la fama di Re RANTIDEV, che fece scorrere sotto forma di fiume il sangue delle mucche da lui uccise.” (Meghdutam, 45,46, 49)

(Kalidasa, Nuvolo messaggero, versione italiana, Editoriale nuova, Milano, 1980)

Perciò, la macellazione delle vacche appartiene al decalogo della società Indù, è un suo precetto sociale e religioso, è un suo status simbol. Mallinath, commentò nel 14° secolo il “Meghdutam”, convalidando l’episodio di re Rantidev.

“PURA KILRAJO RANTIDEOSYA GAWALAMBHE SHWEKTRA SAMBHRITTAD RAKATNISHYANDACHCHARMARASHEH KACHCHINANDI SASYANDI SA CHARAMANVATITYAKHYAT ETTI.”

“In antichità, Re Rantidev macellò le vacche, e di conseguenza il loro sangue fluì come un fiume. Poiché proveniva dalla pelle, questo fiume fu noto col nome di Charmanwati”

(Dal commentario di Mallinath sul Meghdutam)

In un punto del Mahabharata è spiegato quest’episodio nel modo seguente:

“SANKRITE RANTI DEVASYA YAM RATRIM AVASAD GRIHE ALABHYANTA SHATAM GAWAM SAHASIRANI CHA VINSHATIH”

“Quelle notti in cui gli ospiti vivevano nella dimora di Rantideva, ventimila e cento vacche furono abbattute.” (Mahabharata, Shanti Parva, Sezione 29, verso 119 in Sanscrito, pag. 60)

Fonte web:   http://www.sacred-texts.com/hin/m12/m12a029.htm

Alla luce del summenzionato episodio riguardante la macellazione delle mucche operata da Re Rantidev, è chiaro ora che le vacche furono abbattute per trattare in modo principesco gli ospiti. In quei giorni solo due tipi d’ospiti visitarono il Re. Erano i Brahmini e i Kshatriya. Pertanto, non c’è dubbio che il dominio religioso e l’ambito sociale santificano l’assunzione di carne bovina. Prima abbiamo dimostrato che i Brahmini avevano fissato delle regole ben precise per i sacrifici animali. Successivamente, la situazione mutò. Il manzo divenne il cibo preferito dei Kshatriya, i quali ruppero il monopolio dei Brahmini sulla carne bovina. Ne risultò che il diritto di mangiare il manzo fu accordato solamente a due caste, la Brahmina e la Kshatriya (la casta regale e la guerriera).

I Brahmini o i Kshatriya erano gli ospiti cui Re Rantidev fece macellare ventimila e cento vacche. Questa vicenda dimostra che i Brahmini non gestirono nessun movimento contro l’abbattimento della mucca, essendo i detentori di un diritto esclusivo.

Allo stesso modo in cui l’ingestione di manzo era comune fra gli Indù, così lo fu per i Buddisti. Nei Jataka* della letteratura Buddista questo fatto è testimoniato.

*: (i racconti Jataka, non meno di 547, sono una parte importante della letteratura Buddista. Le storie Jatak trattano delle precedenti incarnazioni di Buddha, a volte rappresentato come un animale, un uccello e talvolta come un essere umano, il futuro Siddhartha Gautama)

Nel “Titir Jataka” (Il Jatak della pernice) è narrato:

“Un Jain si fece monaco Buddista. Intraprese gli studi in un ‘Ashram’ insieme a cinquecento studenti. Quel monaco uccise una vacca, il suo vitello ed un ‘Goh’ (manzo), e li mangiò. La vacca ed il suo vitello vissero nello stesso ‘Ashram’, mentre il ‘Goh’ in un cunicolo vicino all’Ashram.”

In un altro Jatak è raccontato:

“C’era un Brahmino che era un grande studioso di Veda. Costruì una capanna nella foresta. Decise di mostrare “AGNI” (il fuoco), e di offrire la carne di un bue in “AHUTI”. Giunsero alcuni cacciatori. In assenza del Brahmino che era andato in un villaggio a portare il sale, uccisero il suo bue e lo mangiarono. Il povero Brahmino non poté esaudire il suo augurio. L’offerta della carne bovina ad Agni non è una novità. Nella società in cui la carne conveniva più dei cereali e della frutta, la maggioranza della gente la mangiava, e non si dava nessun valore alla vita del bue, della vacca o del cinghiale.”

(AHUTI: la prima parte dell’havan descritta sopra; cioè il gocciolamento dell’oblazione nel fuoco. In Sanscrito significa l’atto e la cosa offerta)

Anche la letteratura Buddista indica che solo un Brahmino può macellare le mucche o i buoi. Nei racconti Jataka solamente il Brahmino è definito il “macellatore di vacche o di buoi”. Nessun Kshatriya uccideva la mucca o il bue per motivi cultuali o per alimentarsi. Né i Vaishya (coltivatori, commercianti, ecc..), né i Shudra (lavoratori non specializzati), abbattevano le vacche. Solo il Brahmino era il mattatore delle mucche in epoca Jataka.

Adesso è completamente chiaro come sia stato possibile estrarre le suddette citazioni dalle sacre scritture Indù. I Veda, i Brahmana, le Upanishad, i Grhyasutra, i Dharmashastra, ecc.. ingiungono vivamente il consumo di carne bovina reputandolo un atto di sacra religiosità. Si pone la seguente domanda: se le scritture Indù santificano l’assunzione di manzo, perché alcune persone si oppongono alla macellazione delle vacche?

Da una parte, questi agitatori accettano l’importanza delle antiche scritture Indù, dall’altra, rigettano le direttive di molti testi sacri riguardanti il consumo di carne bovina. Questo fatto dimostra che non rispettano i loro libri religiosi. Analizzano le loro scritture prendendo in considerazione solo quello che gli fa comodo.

I religiosi Indù hanno dei dogmi di fede errati perché non analizzano correttamente i loro libri religiosi, e di conseguenza proibiscono il consumo di carne bovina. Il movimento contro la macellazione della mucca è frutto di tali malintesi. Prima di impedire la mattazione della vacca, i leader religiosi Indù dovrebbero studiare meglio le loro sacre scritture, che celebrano in modo netto il consumo di manzo.

Gli sforzi compiuti dall’India moderna per edificare una società sul principio di Manu si sono vanificati, e non si ha un’immagine chiara della sua attuazione. I difensori dell’Induismo vanno avanti a spada tratta sostenendo che la macellazione della mucca sia un peccato. Questi seguaci della legge di Manu dimenticano che la mattazione della vacca non è elencata nei peccati presenti nella Manusmriti. È necessario che si pentano dei loro misfatti. Nella Manusmriti è detto:

“Le penitenze, perciò, devono essere eseguite sempre per ragioni di purificazione, perché coloro i cui peccati non sono espiati, rinasceranno con marchi vergognosi.” (Manusmriti, capitolo 11, versetto 54)

Fonte web:  http://www.sacred-texts.com/hin/manu/manu11.htm

Questo significa che Manu non considerò la macellazione della mucca un peccato. Una seconda domanda s’impone: se Manu non riconosce l’abbattimento della mucca un peccato, perché i suoi seguaci lo rivendicano accanitamente come tale? Questo quesito dovrebbe essere posto ai loro capi religiosi Indù.

Anche nei libri religiosi posteriori alla Manusmriti, il consumo di manzo è considerato una santificazione. Il Vishnu Purana, un’opera successiva alla Manusmriti, spiega che la carne bovina domina una posizione importante nell’esecuzione dei riti religiosi:

“HAVIISHYAMATSYAMANSAIASTU SHASHASYA NAKULASYA CHA. SAUKARCHCHHAGLAINEYA RORAGURAYEN CHA BHAGRAVAISHCHA TATHA MANSVRIDHYA’ PITAMAHA. PRAYANTE TRIPTIM MANSAIASTU NITYAM YADHINSAMISHAIH.”

“Gli antenati sono soddisfatti per un mese con le offerte (havi) di riso o d’altri cereali, col burro chiarificato (ghi), col pesce; o con la carne di lepre, di mangusta, d’uccelli, di cinghiale, di capra, d’antilope, di cervo (kasturiya mrig), di gayal (il gaur o il bos frontalis), di capra, o col latte di vacca e dei suoi prodotti. Sono soddisfatti per sempre (eternamente) con la carne (in generale), e con quella di capra bianca dalle orecchie lunghe in particolare. La carne del rinoceronte, il Kalasaka (Corchorus capsularis o Rumex visicarius, una varietà di juta), ed il miele, sono anche fonti speciali di soddisfazione…” (Vishnu Purana, Libro 3, Capitolo 16, versi 1-2, pag. 332)

Fonte web :  http://www.sacred-texts.com/hin/vp/vp090.htm

Nel Brahma Vaivarta Purana, uno tra i diciotto più importanti Purana, è detto:

“THE BRAMHAVAIVART PURAN: PANCHKOTI GAWAM MANSAM SAPUPAM SWANNMEV CHA. ETESHAM CHA NADI RASHI BHUNJAYATE BRAMHINANMUNE.”

“I Brahmini hanno mangiato cinque crore (unità di misurazione indiana) di manzo e il “malpua” (un dolce di banane fritte). In questo Khand (capitolo), vi è anche la descrizione di un re chiamato Suyaga. Il Re serviva i Brahmini quotidianamente con carne ben cucinata.” (Brahma Vaivarta Purana, 1/61/98-99)

Nel Brahma Vaivarta Purana è narrato un gran sacrificio animale ordinato da Rukmi in occasione del matrimonio di sua sorella Rukmini (avatar della dea Lakshmi) con Krishna, ottava incarnazione di Vishnu:

“GAWAM LAKSHAM CHHODANAM CHA HARINAANAN DWELAKSHAM. CHATURLAKSHNAM SASHANAM CHA KURMANAM CHA TATHA KURU. DASHLAKSHAM CHHAGALANAM BHETANE TACHCHTURGUNAM. ETSHAM PAKWAM MANSANT BHOJNARTH CHA KARYA -BRAMHAVAIVART PURAN.”

“Cuocere la carne di un lakh di mucche, o di due lakh di cervi, o di quattro lakh di lepri, o di quattro lakh di testuggini, o di dieci lakh di capre, o di un numero di pecore quattro volte superiore alle capre.” (Brahma Vaivarta Purana, 1/105/61-63)

Le unità “lakh” e “crore” del sistema numerico Indiano sono spiegate in questo link di Wikipedia:

http://en.wikipedia.org/wiki/Indian_numbering_system

Nel Brahma Vaivarta Purana è descritto anche il “Yagya” compiuto da Adi Mann (il Primo uomo, il progenitore dell’umanità):

“BRAMHNAANAM IRJKOTTNSHCHA HHOJYAMAS NETYASHA. PAN CHGAWAM MANSAT SPUKWAIDHRTL SANSKRITAI: CHAVATSHCHOSHOT LENHYAPEYAIMISHTDRAVAI SUDURLABHE”

“Manu banchettò insieme a tre crore di Brahmini nel Yagya. Essi (i Brahmini) furono serviti con la carne di cinque lakh di vacche, che fu cucinata nel ghi…” (Brahma Vaivarta Purana, 1/54/48)

Le citazioni sopra menzionate dimostrano sufficientemente che il manzo fu un manicaretto prelibato nell’antica India, ma con sorpresa, oggi, si respinge quest’eredità. Ogni movimento ha una sua storia e logica, ma un pensiero impostato su false nozioni, non avrà né rispetto, né sostegno.

Gli Indù si fanno dirigere facilmente da qualsiasi movimento religioso, e non colgono la logica che si nasconde dietro ad esso. L’Induismo attuale è deviato perché poggia su superstizioni e rituali falsi, che sono lontani dalla verità delle sue sacre scritture. Il movimento contro la mattazione della mucca è solo una delle conseguenze.

Bisognerebbe chiedere ai leader religiosi Indù: avete falsificato i Veda? Le Smriti sono fasulle? I versi dei Purana e del Mahabharata sono stati contraffatti? Se questi testi sono delle falsificazioni, quali sono i vostri libri religiosi? Se invece le vostre scritture sono autentiche, perché le ridicolizzate celando la verità? Gli attuali protettori dell’Induismo dovrebbero fornire delle risposte documentate.

Il Glorioso Corano permette di mangiare cibo non vegetariano.

  1. “O voi che credete, rispettate gli impegni. Vi sono permessi gli animali dei greggi, eccetto quello che vi reciteremo. Non cacciate quando siete in stato di sacralizzazione. Allah comanda quello che vuole.” (Corano, 5: 1)
  2. “Creò le greggi da cui traete calore e altri vantaggi e di cui vi cibate.” (Corano, 16: 5)
  3. “Invero, anche nel bestiame vi è argomento [di meditazione]: vi diamo da bere di ciò che è nel loro ventre e ne traete molti vantaggi; e di loro vi cibate” (Corano, 23: 21)

Questi versetti Coranici provano chiaramente che i Musulmani possono essere carnivori.

VERSETTI CORANICI TRAVISATI

Alcune ideologie vegetariane Indiane intendono dimostrare che il Corano proibisca l’alimentazione onnivora e citano il seguente versetto:

“Le loro carni e il loro sangue non giungono ad Allah, vi giunge invece il vostro timor [di Lui]. Così ve le ha assoggettate, affinché proclamiate la grandezza di Allah Che vi ha guidato. Danne la lieta novella a coloro che operano il bene.” (Corano, 22: 37)

In questo versetto, il Glorioso Corano afferma chiaramente, in modo diverso dalle altre religioni, le quali esigono carne e sangue per l’Onnipotente Dio, che la carne e il sangue del sacrificio Islamico non raggiunge Dio, ma arriva a Lui la nostra pietà, le nostre intenzioni e la nostra rettitudine.

Ecco perché nel sacrificio del Bakri-Id (in India significa l’Aid Al-Adha o Festa del Sacrificio. In hindi Bakri è la capra) un terzo della carne è data in carità ai poveri, un altro terzo è distribuito tra i familiari e gli amici, e l’ultimo terzo è conservato per le necessità familiari.

Né una goccia di sangue, né alcun pezzo di carne dell’animale è offerto all’Onnipotente Allah, perché Dio non lo richiede.

“Dì: dovrei forse scegliere per patrono qualcun altro oltre ad Allah, il Creatore dei cieli e della terra, Lui che nutre e non ha bisogno di esser nutrito? Dì: mi è stato ordinato di essere il primo a sottomettermi. Non siate mai più associatori .” (Corano, 6: 14)

Un altro versetto travisato del Glorioso Corano che concerne la macellazione degli animali è il seguente:

“Quando ti volge le spalle, percorre la terra spargendovi la corruzione e saccheggiando le colture e il bestiame. E Allah non ama la corruzione.” (Corano 2: 205)

Alcuni traduttori hanno dato alla parola Araba “Nasl” il significato di bestiame. In realtà, ‘Nasl’ significa progenie. Indipendentemente dalla traduzione più o meno corretta, leggendo il versetto in questione si evince che Allah non ama coloro che diffondono la corruzione nel mondo, e i distruttori di colture e di bestiame (o della progenie). Questo versetto indica chiaramente che se si distruggono le colture, il bestiame (o la progenie) con l’intento di diffondere la corruzione sulla terra, Allah riterrà sgradita tale condotta. In ogni caso, questo versetto non dichiara, né significa che la macellazione bovina per fini alimentari dispiaccia ad Allah.

E la lode appartiene ad Allah, Signore dei Mondi.

Bibliografia:

  1. Is non vegetarian food permitted or prohibited for a human being? A cura del gruppo musulmano Indiano “Allahu Akbar”.
  2. http://en.wikisource.org/wiki/Rig_Veda  (Rig Veda completo)
  3. The Aitareya Brahmanam of the Rigveda, Ed., transl. and explained by M. Haug. Vol. 1-2. Bombay, 1863. (disponibile in formato pdf)
  4. Mahadev Chakravarti, Beef-Eating in Ancient India, Social Scientist, Vol. 7, No. 11 (Jun., 1979), pp. 51-55, Jstor, Social Scientist.
  5. Swami Vivekananda – A Biography by Swami Nikhilananda, pag. 53

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  2. P.V. Kane, History of Dharmashastra, voll. 1-5 BORI, Pune, 1930-53
  3. Il Mahabharata, Chitrashala Press, Pune, India.
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  6. Kalidasa, Nuvolo messaggero, prefazione e versione italiana di Giuliano Boccali, Editoriale nuova, Milano, 1980, pag. 143.
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  8. Jataka, Vite anteriori del Buddha, Utet.
  9. Brahmavaivarta Purana: Text with English Translation/edited by Acharya Ramesh Chaturvedi. Translated by Shanti Lal Nagar, Delhi, Parimal, 2001, 2 Vols., 1478
  10. https://bakshi786islam.altervista.org/il-paradosso-della-vacca-indiana-cibarsi-di-manzo-nellindia-antica/ 
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